Chi è Claudio Bertolotti? Il suo è un nome noto nel mondo della sicurezza nazionale e internazionale ma, per chi non lo conoscesse, questa la sintesi delle sue competenze: è un professionista della sicurezza, 40 anni, una laurea e un dottorato di ricerca, è esperto internazionale di terrorismo, immigrazione, criminalità e mediazione culturale.
In qualità di rappresentante italiano presso l’“Iniziativa di difesa 5+5” del Mediterraneo, ha fatto parte dei gruppi di lavoro internazionali per la stabilità dell'area mediterranea (a partire dalla Libia), in particolare per la minaccia del terrorismo e dei fenomeni migratori verso l'Italia e l'Europa contribuendo, inoltre, alla redazione di importanti documenti ufficiali per la strategia di sicurezza – tra cui una linea guida della NATO e il concetto di ‘Nuovo Terrorismo Insurrezionale’.
Inoltre, dopo diverse esperienze nei Balcani, è stato responsabile della sicurezza della NATO a Kabul, in Afghanistan, dove ha lavorato per circa due anni. Come analista strategico collabora con importanti enti istituzionali, italiani e stranieri, e ha pubblicato numerosi tra libri, studi e articoli sul tema della sicurezza, muovendosi in molti paesi dell’area mediorientale e nord-africana. Claudio Bertolotti è un uomo da sempre in prima linea.
Una competenza eccessiva per un comune?
“Qualcuno ha valutato come eccessive le mie competenze in termini di sicurezza per un comune” – dice Claudio Bertolotti –, “adeguate a un livello nazionale e internazionale”. “Può sembrare vero, ma Torino è una città metropolitana in cui, proprio a livello locale, si manifestano le forme di violenza e di criminalità che richiedono un intervento diretto ed efficace… e inoltre Torino mi ha dato molto e ha contribuito a far di me l’uomo e il professionista che oggi sono; un forte senso di responsabilità e riconoscenza verso la mia città e i miei concittadini mi impongono – e lo faccio con convinzione – di dare il mio contributo e accettare la candidatura a sostegno di Guglielmo del Pero”.
Quali i punti fermi della sicurezza proposti da Claudio Bertolotti per SiAmo Torino -Guglielmo Del Pero Sindaco?
Noi puntiamo su azioni chiave e risolutive, attraverso un approccio strategico e non approssimativo e indefinito come fatto sinora.
La sicurezza è il mezzo, non l’obiettivo finale. Sicurezza significa incentivare l’economia, l’impresa, il lavoro, la cittadinanza consapevole. Non un approccio basato su un’azione repressiva fine a sé stessa e sbandierata periodicamente durante la campagna elettorale, bensì un percorso inclusivo di tutti i cittadini torinesi, “vecchi” e “nuovi”, con esplicito riferimento a chi a Torino arriva oggi, anche da molto lontano. E nessuna disponibilità verso chi decide deliberatamente di delinquere.
Come intendiamo impostare la nostra strategia per una #TorinoSicura?
Lo faremo attraverso la #Prevenzione poiché la sola repressione è inefficace e mancano volontà, risorse e certezza della pena; dunque puntiamo all’efficacia di un’opera preventiva che sia caratterizzata da presenza capillare e visibilità delle forze di polizia locale, ma anche attraverso il coinvolgimento dei cittadini, la mediazione e il dialogo tra le diverse realtà ed esigenze. Una strategia preventiva che si basa su tre punti cardine:
#SicurezzaPartecipata. Coinvolgeremo i cittadini dei quartieri e opereremo per includerli nel Comitato per l'ordine e la sicurezza: i cittadini vivono i quartieri e ne conoscono le necessità meglio di qualunque amministratore.
#Presenza sul territorio. Riporteremo la Polizia municipale nelle periferie abbandonate per reprimere severamente delinquenza, criminalità, vandalismo: via dagli uffici amministrativi e priorità ai cittadini. E presenza significa anche capacità: e guardando alla polizia municipale di una grande città come Torino, io penso più a un vero modello di polizia operativa che non alla figura del classico “civich”.
#Sorveglianza. Creeremo la necessaria interazione cittadino-istituzioni e tecnologia: utilizzo della videosorveglianza statica e dinamica, grazie alla tecnologia a basso costo e ad alta efficacia – ad es. con l’utilizzo dei droni (capacità di intervento immediata, mirata, sicura e a basso costo) e utilizzo di smartphone per la sicurezza del vicinato (dunque coinvolgendo ancora una volta gli stessi cittadini).
Questi i nostri tre pilastri strategici per la #TorinoSicura che vogliamo realizzare e che saranno sviluppati anche attraverso le iniziative di #Educazione alla sicurezza e alla responsabilità individuale (“cittadinanza consapevole”) – un approccio che intende coinvolgere i cittadini (“vecchi” e “nuovi” torinesi) e le scuole di ogni ordine e grado – e di #PartecipAzioneAttiva, ossia l’acquisizione consapevole del ruolo individuale all’interno della società: noi vogliamo liberare le potenzialità inespresse della grande Torino.
Una considerazione a margine
La città di Torino è in testa alle classifiche tra le città travolte dalla microcriminalità, spaccio di droga, violenza, prostituzione. È inoltre una città in cui la questione immigrati non solo non è affrontata né gestita, ma è addirittura divenuto un problema sociale che l’amministrazione si rifiuta di affrontare, nascondendosi dietro a un miope e passivo buonismo da quattro.
Torino è una città insicura. Non il centro, non le aree residenziali, ma le periferie che sono state abbandonate a sé stesse.
Quel che è grave è che ciò faccia parte di un disegno razionale. Tutte le amministrazioni cittadine, questo è vero anche se non viene detto per opportunità politica, decidono a tavolino quale debba essere il quartiere che svolga la funzione di “valvola di sfogo”; un quartiere che viene consapevolmente abbandonato, regalandone la gestione a gruppi criminali, destinandolo al disordine e all’insicurezza. Questo è un fatto.
Un fatto imperdonabile è però il vuoto decisionale dell’amministrazione Fassino che ha portato ampie periferie della città, per non dire tutte, ad essere gestite dal crimine e dalla violenza. La periferia è stata abbandonata, e con essa i cittadini che nelle periferie abitano; in poche parole: il Comune ha abdicato allo specifico ruolo di amministratore.
Abbandonati nei servizi, abbandonati nel sostegno alle famiglie bisognose, a quella micro e piccola impresa che da sempre è il pilastro della vivibilità di quartiere, ora i quartieri non esistono più, perché non esiste più il senso di quartiere; negli ultimi anni Torino ha perso più di 200mila abitanti, sostituiti da flussi migratori esogeni ed eterogenei, lasciati a sé stessi senza un vero ed efficace indirizzo alla cittadinanza, non legati al territorio né alla cultura di quel territorio; sono divenuti portatori di un’altra cultura, diversa senza avere gli strumenti per ben integrarsi… e pertanto vengono percepiti come estranei, pericolosi. Una percezione che si è radicata sempre più e che ha portato a una separazione sempre più marcata tra torinesi italiani e torinesi stranieri. Noi questo problema causato dall’assenza di una soluzione vogliamo risolverla.
Noi vogliamo investire i nostri sforzi attraverso un passo necessario che parta dal basso: creare il senso del quartiere, tra “vecchi” e “nuovi” torinesi, per riportare la sicurezza nelle case, per le strade, nei giardini pubblici.