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Attualità | 16 agosto 2017, 16:38

Siccità e fiumi agonizzanti anche nel torinese, la denuncia di Legambiente

Dito puntato contro le eccessive captazioni idroelettriche e agricole: "Per evitare altre crisi idriche non servono nuovi invasi, ma occorre diminuire le pressioni antropiche sui nostri fiumi"

Siccità e fiumi agonizzanti anche nel torinese, la denuncia di Legambiente

La denuncia di Legambiente parte da un dato di fatto. Negli ultimi 150 anni le Alpi hanno registrato un aumento delle temperature di quasi due gradi: più del doppio della media globale dell’intero pianeta.

Un effetto dei cambiamenti climatici sempre più repentini che questa estate hanno dato vita a fenomeni apparentemente in contrasto come lo scioglimento repentino dei ghiacciai e, allo stesso tempo, all’emergenza siccità con l’asciutta di interi corsi d’acqua. “Anche se per quest’estate sembra passata la fase più critica sul fronte siccità occorre mantenere alta l’attenzione sulle politiche da attivare per farci trovare pronti alla prossima crisi idrica", dichiara Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta. "Se in queste settimane alcuni hanno evocato la necessità di nuovi invasi da costruire in montagna, noi crediamo che nuove colate di cemento non siano la risposta adeguata ai cambiamenti in atto e, anzi, siamo convinti che sulle nostre montagne, come nei nostri fiumi, sia urgente avviare un percorso di resilienza".

Lo sfruttamento dell’acqua per la produzione di energia elettrica nei decenni ha permesso di soddisfare una consistente parte dei fabbisogni elettrici degli italiani. Gli impianti di taglia superiore ai 10 MW – si legge nel rapporto di LegambienteL’idroelettrico. Impatti e nuove sfide ai tempi dei cambiamenti climatic i- rappresentano circa l'83% della potenza installata totale, quelli di taglia da 1 a 10 MW circa il 14% mentre gli impianti più piccoli il restante 3%. Più del 70% della potenza installata è costituita da impianti grandi in esercizio prima degli anni '70. Al contrario le installazioni degli ultimi anni sono quasi del tutto riconducibili a impianti ad acqua fluente con potenza inferiore a 1 MW e con risultati non elevati in termini di produzione. Nel 2014 un totale di 2304 impianti idroelettrici di potenza inferiore ad 1 MW ha prodotto solo il 2 per mille dell’energia elettrica complessivamente consumata.

Fabio Dovana fa notare ancora: "In Piemonte il 44% dei fiumi non raggiunge il buono stato ecologico previsto per tutti i corsi d'acqua entro il 2015 e le cause sono da cercare anche nei troppi prelievi idrici ad uso agricolo e idroelettrico. E’ quindi indispensabile una moratoria su questo tipo di impianti e un rafforzamento dei controlli sulle captazioni idriche esistenti e sul rispetto del deflusso minimo vitale dei fiumi, così come sarebbero da incrementare i misuratori di portata sulle prese d'acqua. Al tempo stesso è agli impianti “grandi” che bisogna guardare con maggior attenzione per mantenere la produzione idroelettrica nei prossimi anni. Ossia alle centrali più antiche, dove è fondamentale realizzare interventi capaci di migliorarne notevolmente l'efficienza e ridurre l’impatto sui bacini idrografici”.

In Piemonte è normale prassi che in estate siano in asciutta totale molti tratti del fiume Po e dei suoi affluenti. La Dora Baltea, che passa da Torino, presenta invece magre invernali e notevoli portate in estate in virtù del consistente scioglimento dei ghiacciai valdostani. Nel tratto Carema-Ivrea il fiume è di fatto sotteso a canali che alimentano le varie centrali. Quattro le traverse di derivazione d'acqua per alimentare sette impianti per la produzione di energia elettrica di media potenza (1MW-2MW) e altri tre impianti autorizzati ma non costruiti.

“Per decenni i nostri fiumi sono stati maltrattati – aggiunge il presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta - ora sono urgenti politiche che portino a rinaturalizzare i corsi d’acqua piemontesi e che mettano in campo azioni di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici”. Questa la ricetta di Legambiente per rispondere nei prossimi anni agli effetti sempre più evidenti del clima che cambia.

r.g.

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