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Immortali | 14 marzo 2018, 07:00

Fondazione Fantasmi

Esattamente come i carnivori si nutrono di carne e gli erbivori di erba, i politici si nutrono di voti. E la Fondazione Filadelfia aspetta ancora che la politica si decida a individuare un nuovo presidente al posto del dimissionario (da mesi) Cesare Salvadori

Fondazione Fantasmi

Esattamente come i carnivori si nutrono di carne e gli erbivori di erba, i politici si nutrono di voti.

Ed esattamente come tutti gli altri, checché loro ne dicano, anche i pentastellati sono politici e non sfuggono a questa regola.

Quasi un anno è passato da quando, all’indomani dell’inaugurazione del Filadelfia, Cesare Salvadori, presidente della Fondazione Filadelfia aveva preannunciato le sue dimissioni alla Città di Torino, ente di cui era espressione all’interno della fondazione stessa e almeno otto mesi, dacché, firmato il contratto con il Torino FC, le dimissioni divennero effettive.

Un mese e mezzo fa, abbiamo assistito, tra l’allibito e l’indignato, al siparietto che ha visto protagonista Marco Chessa, “presidente per un giorno” o forse meno, che dopo aver ricevuto proposta di candidatura ed essersi reso conto dell’incompatibilità del ruolo con quello di consigliere comunale, disse “no grazie” alla carica, più ricca di oneri che di onori.

Da quel dì, siamo ancora in attesa che la Città di Torino, nella persona della Sindaca, o dell’Assessore allo Sport o di qualche funzionario, basta che si decidano, scelga un nome a degna sostituzione di Salvadori.

Torino, giusto per capirci, fa circa ottocentomila abitanti, di cui circa cinquecentomila elettori, “truc e branca”, come dicevano i discendenti dei Celti Taurini e sempre “truc e branca” un po’ più di due terzi, ovvero duecentomila, anno recentemente espresso il loro voto per il Movimento Cinque Stelle.

Insomma, un bel serbatoio di professionalità da cui attingere per pescare un profilo che possa adattarsi alla bisogna, per dare finalmente una guida ad un ente acefalo ed in balia di flutti e correnti, abbandonato a se stesso, senza una prospettiva ed un futuro.

Giova ricordare che il 25 maggio scorso, è stato inaugurato solo e soltanto il primo lotto del Filadelfia, ovvero la prima parte dell’impianto sportivo, lo stretto indispensabile per consentirne l’utilizzo al Torino FC per le esigenze di allenamento della prima squadra e le partite della Primavera. Ci sono ancora da completare il secondo lotto, ovvero la sede sociale, la foresteria e tutta una serie di locali accessori, non indispensabili, ma utili, ed il terzo lotto, quello culturale, che ospitando il Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata, completerebbe l’opera, dandole piena dignità e completezza nella sua ambizione di essere a tutto tondo la “Casa del Popolo Granata”.

Oggi, il Museo si trova in dorato esilio fuori dalle mura della città, nella splendida Villa Claretta, che la generosità della Città di Grugliasco, nelle persone di due sindaci, entrambi di estrazione bianconera, non mi stancherò mai di ricordarlo e di ringraziarli, ovvero Marcello Mazzù e Roberto Montà, ha messo a sua disposizione ma benché la location sia incantevole, è assolutamente slegata, sia geograficamente che storicamente, da qualsiasi contesto granata.

La sede naturale, per questo glorioso Museo, non può che essere il Filadelfia.
Sarebbe dunque ora di dare una sterzata, o una sferzata, fate voi, e tirare fuori dal cilindro questo benedetto nome di un soggetto che subentri nella carica. Ho usato volutamente il termine più asettico possibile per lasciare il campo spalancato ad ogni soluzione, purché sensata, senza preclusioni alcune. Uomo, donna, vecchio, giovane, alto, basso, capelluto o pelato, abbronzato o diafano, credente o ateo, possibilmente granata, che abbia competenze, voglia e mandato politico di agire.

Così non si può più andare avanti e se non vogliono prendere in giro se stessi e l’elettorato, anche la Appendino e la sua compagine lo devono ammettere e quindi prendere provvedimenti.

Di fantasmi del passato il Fila è già pieno a sufficienza, non c’è bisogno di uno attuale che volteggi, senza occuparla, sulla poltrona di presidente.

Domenico Beccaria

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