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Economia e lavoro | 17 ottobre 2019, 19:31

Le aziende della plastica si ribellano: da Torino e il Piemonte il "no" alla nuova tassa

Nella Manovra 2020 è inserito il provvedimento che impone l'imposta di 1 euro per ogni chilo prodotto. Ramello (Unionchimica): "Non è così che si difende l'ambiente. A rischio migliaia di posti di lavoro"

Le aziende della plastica si ribellano: da Torino e il Piemonte il "no" alla nuova tassa

Un vero e proprio siluro. Così il mondo delle imprese della plastica vive la cosiddetta "plastic tax", l'imposta che il Governo ha inserito nella nuova Manovra economica e che prevede per le aziende il pagamento di un euro per ogni chilo di imballaggi di plastica. E le reazioni non si sono fatte attendere, come dimostra il pensiero di Daniela Ramello, Presidente di Unionchimica Api Torino e Vicepresidente di Unionchimica Confapi. "Non è certo con un’ulteriore tassa che si tutela l’ambiente e tanto meno si crea sviluppo. Non è ammissibile che la plastica sia demonizzata insieme a chi la produce”, spiega. E aggiunge: "In tema di ambiente dobbiamo fare molta attenzione. Si sta strumentalizzando il tema della protezione ambientale e della transizione ecologica del Paese verso abitudini eco-sostenibili dei cittadini, a scapito della lucidità degli interventi e delle politiche adottate”.

La scelta che le imprese avrebbero preferito, piuttosto, segue altre strade. “La riconversione del nostro tessuto produttivo deve sfruttare la sostenibilità ambientale e l’economia circolare per creare nuovi posti di lavoro, e  non essere mortificata da misure come la plastic tax che mettono in ginocchio le imprese che per questo rischiano di perdere migliaia di posti di lavoro”, dice Ramello, che rappresenta un settore che vale migliaia di posti di lavoro soltanto sul nostro territorio e ha un peso inferiore soltanto alla metalmeccanica.

“Ci pare che il Governo sul cosiddetto Green New Deal non abbia una chiara visione politica di investimenti - incalza - soprattutto per il comparto della plastica che da tempo sta invece investendo nella ricerca anche nell’ottica dell’economia circolare per aumentare le frazioni di materie riciclate e riciclabili rispetto alle materie vergini”. Senza contare che il costo va a sommarsi a quelli che le imprese sostengono "con i consorzi per lo smaltimento".  

Secondo Ramello, serve "informazione corretta, formare le persone e creare una cultura della produzione della plastica. Non tutti sanno per esempio che la produzione di imballaggi in carta risulta altrettanto impattante per l’ambiente se non addirittura con risultati peggiori. Mentre la scarsa conoscenza comune dei contenuti della recente direttiva sulla plastica monouso ha provocato una non corretta equiparazione tra plastica monouso e imballaggi in plastica in genere".

“Se non si cambierà rotta – conclude Ramello -, le imprese di questo comparto subirebbero un contraccolpo insostenibile e sarebbero costrette a licenziare migliaia e migliaia di lavoratori. Non si tratta della difesa di un solo settore ma della necessità di evitare una nuova ed  ulteriore crisi di imprese con imprevedibili  contraccolpi sociali ed economici".

M.Sci

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