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Economia e lavoro | 30 giugno 2020, 17:31

A marzo conto salato per l'economia regionale: -5,7%. E il peggio potrebbe ancora venire. Le aziende pronte a cambiare pelle sotto i colpi del Covid

Crollo della produzione, ma anche degli ordinativi e dei fatturati. Soffrono soprattutto meccanica, tessile e mezzi di trasporto. Torino, insieme a Vco e province del Nord, soffre più dei territori del Sud Piemonte

A marzo conto salato per l'economia regionale: -5,7%. E il peggio potrebbe ancora venire. Le aziende pronte a cambiare pelle sotto i colpi del Covid

Basta un mese a far capire che le cose non vanno affatto bene. Quello di marzo, in particolare, che compare nell'indagine congiunturale di Unioncamere Piemonte sul primo trimestre del 2020. Mentre gli effetti successivi compariranno nella rilevazione del giro di boa (e potrebbero essere peggiori). "Cominciamo a vedere i riflessi che l'emergenza Covid sta avendo sulla nostra economia - dice il presidente di Unioncamere Piemonte, Gian Paolo Coscia - e nella nostra indagine rileviamo almeno un mese di crisi, mentre il secondo sarà ancora più indicativo con i mesi di aprile e maggio, ovvero quelli più legati all'emergenza".

I numeri: domina il segno "meno"
La produzione piemontese fa segnare un calo del 5,7% sull'anno precedente. "Un ribasso, se non vogliamo dire un crollo - dice Coscia -. Un indicatore che aveva già evidenziato un indebolimento in tempi recenti: la pandemia, sebbene iniziata a metà del primo trimestre, ha aggravato ulteriormente la criticità della nostra economia impattando sul manifatturiero regionale". Frenano anche gli ordinativi del 5,9% sul mercato interno e del 2,6% estero e fatturato cala del 4,8 con estero che calca del 2,9%. Il grado di utilizzo degli impianti, al 57%, scende di 10 punti e si salva solo l'alimentare (+0,1%) tra i settori, sostanzialmente stabile, avendo garantito le derrate di cibo. Il più colpito è la meccanica (-11,6), così come i metalli (-8,4) il tessile (-6,4%) o i mezzi di trasporto (-7,4) e gli altri comparti. Una crisi che riguarda tutte le province, nessuna esclusa.

La geografia: il Nord soffre più del Sud
Il territorio peggiore è il Verbano Cusio Ossola (-9,6% per la produzione, ma gli andamenti sono simili anche per il fatturato), sequito però da Torino  con un -6.5% influenzato da meccanica e mezzi di traporto, mentre il tessile ha zavorrato biellese (-5%) ma anche Novara e Vercelli (rispettivamente -5,7 e -4,7%). L'alimentare ha limitato i danni a Cuneo (-2,7%). Soltanto Alessandria fa segnare un segnale positivo. Un +1,8% per il fatturato estero grazie all'alimentare e la chimica. Anche Vercelli ha "tamponato" la situazione con un -0,2% nel fatturato estero. Negativi anche gli ordinativi, pur con qualche segnale meno preoccupante del Piemonte meridionale.

Effetto Covid: economia al tappeto e voglia di cambiare
In che modo il fermo ha impattato la produzione e gli ordinativi? Come è facile immaginare, gli ordinativi sono crollati dell'85% delle aziende ("molto diminuiti" per il 54%) e se si guarda agli ordinativi esteri (immutati per 4 imprese su 10) sono sempre meccanica e mezzi di trasporto ad aver sofferto di più e in generale il 54% ne denuncia il calo.
Giù anche il fatturato per l'86% delle aziende (54% per la componente export), mentre a livello di produzione solo un'impresa su 4 ha proceduto senza impatti, il 57,5% ha modificato struttura e organizzazione, il 41,3 i sistemi di approvvigionamento o di distribuzione. Se il 90% ha dovuto ridurre l'attività, solo il 4% ha deciso di riconvertire (quota che sale al 22% nelle aziende tessili, che si sono buttate sulla produzione di mascherine e dispositivi di protezione). Problemi anche nella catena di fornitura, anche se solo il 18,7% ha deciso di sostituire i fornitori.

Per l'occupazione, il 72,6% ha attivato la cassa, il 24,8% ha attivato o attiverà lo smart working, mentre il 21,1 non ha subito cambiamenti e il 10,9% ha rimandato o sospeso le nuove assunzioni. Solo 8 su 100 hanno ridotto l'organico e il 6,2 non ha rinnovato i contratti in scadenza. Le strategie per il futuro vedono il 64% alla ricerca di nuovi clienti e mercati, mentre il 25% pensa di riorganizzare il lavoro. E il 23,7% vuole creare nuovi prodotti e servizi. Il 10,2% intende creare una diversa catena di fornitura.



I commenti: "Crisi nuova e imprevedibile. Si muovano le istituzioni"
"Viviamo una crisi nuova e imprevedibile, anche se tutte le aziende del Piemonte hanno cercato di reinventarsi. Ma sta al mondo politico-istituzionale adesso dare una risposta - è l'appello del presidente di Unioncamere Piemonte -. Le attese per il secondo trimestre sono ancora improntate al pessimismo e bisogna trovare risposte efficaci per permettere ai nostri imprenditori di traghettare le loro imprese al di là di questa terribile emergenza, che da sanitaria si è presto trasformata in economica e sta diventando pure sociale".

"Un ruolo importante e fondamentale sarà quello affidato al mondo del credito, anche alla luce delle garanzie dei decreti voluti dal governo e che vedono in prima fila lo Stato. Questo - dice Coscia - anche se siamo ancora abbastanza incagliati nell'interpretazione di questi decreti. Ma dobbiamo sfruttare anche con lungimiranza le risorse che l'Europa ci metterà a disposizione, così come dovremo puntare con forza su innovazione e digitalizzazione. Mi auguro che tutti insieme saremo in grado di uscire da questa difficoltà".

"Se arriverà il recovery fund - aggiunge Paolo Bertolino, segretario generale di Unioncamere - auspichiamo che le risorse saranno utilizzate sulle infrastrutture. E' ormai evidente, per noi come per la Liguria, che in questo momento siamo inchiodati. L'export ha bisogno di spostarsi e il turismo di viaggiare. E poi bisogna ripensare a una vera politica di attrazione di investimenti".

Le banche: "Vicini alle filiere". Si rafforza la tendenza al reshoring
"C'è difficoltà, ma anche voglia di ripartire - dice Teresio Testa, direttore regionale Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria di Intesa Sanpaolo - ed è quello che più conta per il territorio. Da questa crisi si esce tutti insieme e le banche devono fare la propria parte e anche noi la stiamo facendo, nonostante le difficoltà iniziali. Noi abbiamo messo 2 miliardi a disposizione per tutto il Piemonte, fin qui: la liquidità è quello che serve in questo momento per il sistema. Le aziende devono cercare nuovi mercati, ma anche riorganizzarsi, a cominciare dal processo produttivo, facendo attenzione al mondo del green e impatto sull'ambiente. Abbiamo messo un plafond di 50 miliardi per questo tipo di interventi. Noi italiani siamo noti per lo stile e il gusto, moda e food, ma un domani questo potrebbe non bastare: il consumatore vuole sapere che ciò che viene fatto, viene fatto senza impattare sull'ambiente. Anche nell'ecobonus vedo uno strumento importante per la ripartenza del sistema: il Piemonte e la Liguria sono due dei territori più obsoleti dal punto di vista dell'edilizia, Torino e Genova in particolare, al pari solo di Firenze".

Inoltre, "già prima della crisi c'erano aziende che stavano valutando il reshoring, riportando le unità produttive vicino al cuore delle attività. Avevano cominciato lo stile e il lusso. Ma ora è ancora più chiaro che la partita si gioca non più sul prezzo, ma sulla qualità. Su questo si gioca il futuro del nostro Paese nel suo insieme".

"Non ci saranno vincitori se non vince il territorio nel suo insieme - aggiunge Fabrizio Simonini, Regional Manager Nord Ovest UniCredit -: né singole imprese, né singole banche. Il periodo già non era brillantissimo e dunque un ripensamento di alcune filiere e la ricerca di nuovi mercati erano necessità già emerse, anche se erano affrontate a velocità che il Covid ha accelerato. Paradossalmente il secondo trimestre potrebbe dare numeri ancora peggiori, ma nel frattempo il credito sta arrivando in maniera imponente e diffusa. C'è un sistema banche che ha subito un diluvio di operazioni: in due mesi è arrivato il lavoro che arriva in due anni. Ma siamo riusciti a dare una risposta corale, nessuno si sta sottraendo a stare vicini alle imprese e ad erogare la propria quota. Il tema vero è stare vicini ai settori per progettare da qui in avanti cosa saranno le imprese e le filiere".

Massimiliano Sciullo

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