Gli amanti del calcio, soprattutto coloro che amano ancora cogliere quella poesia che è attorno a questo fantastico sport, non possono perdere l’appuntamento con Paolo Condò, che questa sera alle ore 21, presso il Circolo dei Lettori, sito in via Giambattista Bogino 9, incontrerà tanti appassionati in occasione della presentazione del libro “Duellanti”, scritto dall’ex prima penna de La Gazzetta dello Sport ed edito da “Baldini & Castoldi” (la serata sarà introdotta da Maurizio Crosetti). Il libro tratta i 18 giorni dell’aprile 2011 nei quali Mourinho e Guardiola si affrontarono ben 4 volte alla guida di Real Madrid e Barcellona, in una sfida di altissimo livello, non soltanto tecnico ma anche di tensione. Uno scontro tra due persone molto diverse tra loro, opposte in tutto, che hanno però dato tanto al calcio. Per parlare del suo libro, ma anche per conoscere la sua opinione su Juventus e Torino, abbiamo intervistato l'autore del libro, il giornalista Paolo Condò.
Buongiorno Condò. Ci scusi la domanda, che può apparire un po’ banale: cosa l’ha spinta a scrivere un libro sulla rivalità tra Guardiola e Mourinho?
«Dopo tanti anni avevo voglia di scrivere qualcosa e ho pensato a quali erano le storie più eccitanti ed esaltanti che ho vissuto nella mia lunga carriera. I ricordi sono tanti, ma credo che il grande duello di quei 18 giorni tra Mourinho e Guardiola, rappresenti l’esperienza più intensa che abbia vissuto. Si sono trovate di fronte due persone che sono intellettualmente molto elevate, due personaggi di un’intelligenza straordinaria ma opposta: quella del primo basata sull’astuzia, mentre dell'altro sulla visione. Per un appassionato di calcio, raccontare il confronto tra questi due allenatori equivale a quello che un amante del tennis proverebbe nel descrivere la sfida tra Borg e McEnroe, il miglior regolarista da fondo campo contro il miglior attaccante. Quando si hanno di fronte dei personaggi di analogo livello, così differenti tra loro, che hanno occasione di rivaleggiare per vincere qualcosa di importante, la storia nasce quasi da sola. Pensate anche a Senna e Prost».
Secondo lei chi è uscito maggiormente logorato da questo confronto?
«Anche se i risultati hanno sorriso al Barcellona, secondo me l’ha sofferto di più Guardiola, perché questo tipo di sfide sono il mestiere di Mourinho, mentre il tecnico catalano vorrebbe mantenere la sfida all’interno della sfera professionale. A un certo punto anch’egli è stato costretto ad accettare la guerriglia dialettica e questo l’ha mandato fuori di testa, tanto che dopo una stagione non positiva, ha deciso di prendersi un anno sabatico. Un caso unico nel calcio di oggi, che un allenatore di tale livello resti un anno fermo senza stipendio, ma a lui fu necessario per far uscire quel veleno che era entrato in circolo».
A distanza di tempo i due si sono ritrovati quest’anno in Premier League sulle sponde opposte di Manchester.
«La cosa non è sorprendente. Poteva esserlo la scelta fatta da Guardiola di andare in Bundesliga, non certo il richiamo di un campionato ricco, non soltanto di soldi ma anche di personaggi, come la Premier League. Una volta che Guardiola ha accettato la panchina del Manchester City, era normale che finisse così, perché Mourinho cerca sempre il confronto, il corpo a corpo, a differenza del catalano che vorrebbe evitarlo. Quando è venuta fuori la notizia che Guardiola avrebbe allenato il Manchester City, lo “Special One” ha fatto fuoco e fiamme per sedere sulla panchina del Manchester United, per affrontarlo alla guida di una realtà adeguata all’avversario e nella stessa città, per provare a innervosire maggiormente il rivale. Credo però che Guardiola, dopo aver patito questo confronto in Spagna, si sia presentato più attrezzato e sia pronto ad affrontare questa sfida, anche se dovesse andare sul personale».
Non le sembra che Mourinho oggi sia un po’ logorato dalle mille battaglie?
«È una tesi che in questo momento trova parecchi seguaci e le prime giornate di questa Premier League non depongono a suo favore, perché sta faticando a trovare la quadra della squadra. Mourinho ha anche fatto un mercato che lo obbliga a vincere subito, considerando il fatto che Ibra non è certo eterno, mentre Guardiola ha fatto diversi acquisti in prospettiva, puntando a dominare nel triennio. Oggi però il tecnico catalano è più avanti rispetto al rivale, non soltanto nel triennio ma già per questa prima stagione. Non considero Mourinho bollito, anche se una seconda stagione negativa lo ridimensionerebbe. Se le cose non dovessero cambiare nelle prossime settimane, sono convinto che inizierà presto a fare polemiche. Insomma mi aspetto il ritorno dei suoi “mind games”».
Oggi presenta il suo libro a Torino, ne approfittiamo per chiederle alcune considerazioni sulle due squadre della città. Iniziamo dalla Juventus: si aspettava che i bianconeri avrebbero avuto un tale vantaggio in campionato già dopo 7 gare?
«No, perché pensavo che Juventus e Napoli procedessero spalla a spalla fino allo scontro diretto. Il Napoli ha però commesso a Bergamo un passo falso di grandissima gravità, perché, con tutto il rispetto per l’Atalanta e il coraggio di Gasperini nel lanciare i giovani, se vuoi vincere il campionato, non puoi permetterti di non portare a casa i tre punti in gare del genere. La Juventus sta facendo quello che mi aspettavo, ha vinto sette delle nove partite ufficiali giocate. È una squadra che secondo me interpreterà questa stagione quasi in senso cestistico, giocando una sorta di regular season fino agli ottavi di Champions, cercando di accumulare più punti possibili in campionato e passare il turno in Europa. In questa fase Allegri lavorerà molto sulla costruzione della squadra, che è assai diversa rispetto a quella dello scorso anno. Poi da febbraio inizieranno i suoi play off, a partire dagli ottavi di Champions League, che potrebbero essere già impegnativi, se osserviamo la composizione dei gironi. Per quanto riguarda lo scudetto, l’unica cosa che dovremo verificare è se al termine della regular season la Juventus sarà troppo lontana o qualche avversaria si troverà ancora lì».
Dopo le vittorie su Roma e Fiorentina, pensa che il Torino abbia tutte le carte in regola per poter puntare all’Europa?
«Il Torino ha tanta qualità, si ritrova Belotti che è l’attaccante del momento e potrebbe anche essere l’attaccante italiano dell’anno, ha diversi giocatori di qualità e un tecnico molto bravo. Mihajlovic ha dimostrato di avere il dna granata stampato addosso, quando nella sua prima intervista ha citato l’immagine di Valentino Mazzola che si rimboccava le maniche. In questa maniera ha mostrato la sua grande professionalità e la voglia di fare bene, facendosi raccontare le tradizioni del suo nuovo club e mostrandogli in questo modo il suo rispetto. Penso che il Torino in questa stagione faccia parte di quel gruppo di squadre che si trovano dietro a Juventus, Roma, Inter e Napoli. Per l’Europa League è infatti una caccia aperta a tutti, una bella sfida che coinvolgerà il Torino insieme a Milan, Fiorentina e Lazio, squadra che trovo troppo sottovalutata».