Progetto Cantoregi è ospite alla XXIII edizione del festival Il Sacro Attraverso l'Ordinario, organizzato da Il Mutamento Zona Castalia: giovedì 10 novembre alle ore 21 presso il Teatro Astra di Torino (via Rosolino Pilo, 6) porta in scena Il Prete Giusto, spettacolo del 2009, liberamente tratto dall'omonimo libro di Nuto Revelli, scritto da Vincenzo Gamna (scomparso quest'anno) insieme con Marco Pautasso e diretto da Koji Miyazaki, che vede la recitazione corale di sedici attori.
L'ingresso è libero, fino a esaurimento posti.
Il Prete Giusto è la testimonianza di un uomo, sacerdote nelle valli cuneesi, che ha incarnato il senso di giustizia e ha difeso senza indugi i valori della democrazia e della solidarietà. Uno spettacolo che, alla stregua del libro di Revelli, si propone come antidoto contro le amnesie che sembrano avvelenare l'Europa di oggi e che celebra la grandezza dell'impegno verso gli altri. Uno sguardo lucido non solo sul passato, ma anche sul presente e sul nostro futuro, che riflette sulla necessità di non chiudere gli occhi sia di fronte alle richieste di aiuto quotidiane sia di fronte alle emergenze umanitarie
Il Prete Giusto è la storia di don Raimondo Viale (1907-1984), parroco tra le montagne sopra Cuneo, partigiano durante la Seconda guerra mondiale, riconosciuto come Giusto perché riuscì a salvare tanti ebrei dalla morte e dai campi di concentramento. Spirito libero e vicecurato a Borgo San Dalmazzo ai tempi del fascismo, venne condannato al confino ad Agnone in Molise per un'omelia in occasione dell'ingresso dell'Italia in guerra. Dopo l’8 settembre 1943 riprese il suo posto come parroco e, nonostante i rischi enormi dovuti all'occupazione tedesca, si impegnò a trovare case, baite, rifugi, cibo a centinaia di profughi ebrei provenienti dalla Francia, farli arrivare a Genova e imbarcarli verso paesi più sicuri. Un'opera per cui la commissione dello Yad Vashem di Gerusalemme attribuì al sacerdote nel 1980 l'onorificenza di "Giusto tra le nazioni".
Ma aiutò anche i partigiani. Li aiutò in quanto prete, trafugando un cadavere di una delle vittime dell'eccidio di Boves per vegliarlo e dargli sepoltura, o confortando i tredici partigiani catturati dai nazisti in Val Grana prima della fucilazione, così come, dopo la liberazione, confessò e comunicò le spie fasciste condannate a morte. Ma fu capace anche di scontrarsi con il comunismo, che non ebbe mai paura di definire una dittatura militaresca, ma anche e duramente con la gerarchia ecclesiastica, fino a trovarsi sospeso a divinis e cacciato dalla sua parrocchia.
Vincenzo Gamna spiegava così lo spettacolo: «Nella nostra pièce teatrale “il prete giusto” non compare, o meglio, la scenografia ne circoscrive la presenza a brevi apparizioni, cadenzate come occasionali annotazioni di un diario. Quella che proponiamo è l’immagine di una figura assorta in se stessa, irrigidita in una dolorosa riflessione interiore, che sembra consegnarsi allo struggimento, alla luce livida della solitudine. Ma ad evocarlo, ad onorarlo, a dire della sua vita, dell'intensità che risplende dietro le sue parole e i suoi gesti, abbiamo incaricato simbolicamente chi sceglie sempre, responsabilmente e senza ambiguità, fuori dall'appartenenza generazionale, di resistere all'oblio, di non cedere alla smemoratezza».