Attualità - 05 marzo 2017, 12:15

Torre, caffè e granite a Torino da 45 anni

In corso Regio Parco 28, la caffetteria e cremeria Torre è un pezzo di storia del quartiere: nota soprattutto per le granite, il locale è mosso dall’amore di Gioacchino Torre per il bar

Il tavolo pieno di bollette e fatture che, una per una, vengono controllate e registrate. Un lavoro noioso, molto specifico, che compone però le fondamenta di un’attività commerciale. Gioacchino Torre, 70 anni, scartabella con pazienza fra entrate e uscite della sua caffetteria, nota in tutta Torino (e anche fuori) soprattutto per le granite. Nel frattempo i figli e il resto del personale fanno su e giù tra i tavoli, passano tramezzini, croissant e le granite.
Torre ogni tanto si guarda intorno, dà una controllata, poi torna alle sue carte. Di tanto in tanto si alza ed esce fuori, si sentono delle urla, ma sono i bambini che escono dalla scuola “Lessona” e si attardano sotto gli alberi di corso Regio Parco. Poi saluta qualche cliente, scambia qualche parola con i figli e torna al suo tavolo.

“Se dai, hai”, ripete, mentre racconta degli investimenti fatti per mettere in piedi un pezzo di storia della città e del quartiere, un legame costruito nel corso di quasi 45 anni di attività.
Torre indossa un completo grigio, di quell’eleganza quotidiana di uomini di altri tempi, e lo fa senza il disagio tipico di chi opta per giacca e camicia solo nelle grandi occasioni.
Ha un sorriso che si illumina mentre ci accompagna nella nuova saletta aperta da due settimane, che estende gli spazi del piano superiore. “Abbiamo preso l’appartamenteo qui di fianco – spiega –, ci abitava una signora. Ora abbiamo più spazio per i tavoli e abbiamo potuto allargare anche la cucina. Qui a pranzo ci sono sempre più di 100 persone”.
Perché non ci sono solo le granite, anche se quando vai da Torre, se non è una stagione troppo fredda, finisce che una granita te la prendi. Qui si pranza, ci sono panini, primi e secondi, ed è apprezzato anche il gelato.

“Tutti ingredienti naturali – spiega Torre – che cerchiamo di fare arrivare da giù, ma, in base alla stagione, usiamo anche prodotti piemontesi, come ad esempio i meloni, che qui sono molto buoni”.
La stagionalità degli ingredienti è rispettata anche nell’offerta. Ad esempio, precisa, d’inverno i gusti delle granite sono solo 6, mentre d’estate arrivano a 14. Con 15 gusti di gelato. “Lo facciamo perché c’è richiesta”. E ti accorgi che è estate, anche senza far caso alla temperatura, dalle due code che si estendono lungo corso Regio Parco, una in direzione fiume Dora, l’altra in direzione corso Verona.

Pensare a corso Regio Parco senza Torre riesce persino difficile. “Quando ero a Milazzo – racconta Gioacchino – lavoravo alla Guardia di Finanza, ma continuavo a pensare al bar, la mia vera passione. Così sono andato via e ho raggiunto mia sorella a Torino, mio cognato decise di aiutarmi e con un suo investimento iniziale aprimmo un bar in corso Agnelli”.
Siamo nel 1972, quando Torino era al centro del fervore politico italiano, durante un periodo di agitazioni sociali che toccarono soprattutto le grandi città. Torino negli anni ’70 affrontava cambiamenti radicali, ed è proprio in periodi del genere che nascono le opportunità.

“Ci spostammo in corso Massimo d’Azeglio – racconta Torre – e il locale funzionava. Mi ricordo che il 10 ottobre 1972 (Torre ha una memoria di ferro per le date, ndr) preparai 1000 toast e 850 tramezzini, consumando 85 filoni di pane”. La necessità era quella di espandersi e così, il 15 dicembre del ’72, la caffetteria si spostò in corso Regio Parco 28, dove si trova tuttora.
“Qui c’era un’osteria – ricorda –, il proprietario voleva andarsene perché la zona lo spaventava, all’epoca era malfamata. Quindi ci spostammo qui, ma all’inizio non mi trovai bene, volevo tornare in corso Massimo”. Però le sensazioni e i desideri possono essere momentanei, e così Gioacchino mise a tacere le sue paure e restò qui. Non lo sapeva ancora, ma la zona stava per trasformarsi in uno dei quartieri più apprezzati della città, grazie anche alle attività commerciali come la sua.
“Oggi non abbandonerei mai questo quartiere” chiosa Torre, mentre torna al suo amore per il bar, che traspare da ogni passo, ogni stretta di mano e ogni parola rivolta al personale o alla clientela. “Sono fanatico per tutto”, ammette, mentre si sposta qua e là dando un’altra controllata, a volte sparisce, a volte ricompare, senza mai essere troppo invadente ma senza mai essere troppo defilato.

Paolo Morelli