È stato finalmente approvato oggi in aula il disegno di legge proposto dalla maggioranza sulla decadenza dell’assegnazione degli alloggi di edilizia sociale, di cui è stato relatore di maggioranza il Capogruppo di SEL Marco Grimaldi.
Stando ai dati dell’Assessorato, tra il 2011 e il 2016 le ATC hanno richiesto ai Comuni di pronunciare la decadenza per poco meno di 6.500 assegnatari. Le richieste di decadenza per morosità costituiscono la quasi totalità delle richieste di decadenza (incidenza tra il 93 e il 97%), solo per il Piemonte Centrale la percentuale si abbassa al 60%. Nello stesso periodo, in media, solo per il 33% delle richieste i Comuni hanno effettivamente pronunciato la decadenza. Le decadenze eseguite rappresentano in media il 18% delle decadenze pronunciate, corrispondente al 6% delle richieste. Le richieste di decadenza riguardano l’11% del patrimonio gestito per ATC Piemonte Sud e Centrale, mentre per il Piemonte Nord l’incidenza sale oltre il 19%.
La normativa precedente prevedeva l’avvio del procedimento di decadenza dopo tre mesi di morosità, senza un’attenta valutazione delle cause della morosità. La nuova legge prevede invece un’azione congiunta di Atc e Comune nella valutazione delle singole posizioni di morosità, per procedere solo nei confronti degli assegnatari che sarebbero in grado di pagare il canone e le spese.
La legge così sospende i procedimenti di decadenza già avviati e l’esecuzione delle decadenze già pronunciate per una seria rivalutazione e successivamente include la possibilità, per i morosi ritenuti in grado di corrispondere quanto dovuto, di sanare la situazione ed evitare la richiesta di decadenza attraverso un piano di rientro della morosità.
“Questa legge potrà da subito sospendere migliaia di sfratti ed evitare una vera emergenza sociale” – dichiara l’esponente di Sinistra Italiana Grimaldi. – “L’ostruzionismo a cui abbiamo assistito per tre sedute non solo intendeva colpire in senso discriminatorio Rom e migranti, ma addirittura contestare l’adeguamento del provvedimento alla legge Cirinnà e l’equiparazione delle unioni civili ai matrimoni per l’accesso alla casa. Per escludere qualcuno si è rischiato di negare il diritto alla casa di migliaia di persone. Non c’è stata alcuna ‘discriminazione al contrario’. Abbiamo anzi seguito il principio costituzionale di ‘rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese’”.