Eventi - 23 aprile 2017, 09:02

Francesco Carofiglio: "Racconto la storia un cambiamento per i lettori di tutte le età"

Lo scrittore barese ha parlato del suo ultimo romanzo, Una specie di felicità, con i gruppi di lettura di Leggermente presso la Biblioteca Civica Villa Amoretti

Francesco Carofiglio ha incontrato giovedi a Torino i suoi lettori per uno scambio di commenti e sul suo ultimo romanzo, Una specie di felicità (Piemme, 2016), all'interno del progetto Leggermente. Nato a Mirafiori, Leggermente negli anni si è esteso creando una macchina organizzativa che coinvolge nella Circoscrizione 2 la Cascina Roccafranca, le Biblioteche Civiche Torinesi e la Libreria Gulliver. Questa settima edizione ha anche visto il contributo di Fondazione CRT e Fondazione Mirafiori. Un grande progetto di condivisione e compartecipazione fra tutti gli amanti dei libri, che ha il suo cuore pulsante nei gruppi di lettura. Ben dieci i nuclei costituiti quest'anno, tutti autonomi nella scelta del libro e nell'organizzazione dell'incontro con l'autore al termine dei mesi di lavoro.

Tra questi, il gruppo che ha letto e analizzato Una specie di felicità ha avuto modo ieri pomeriggio di interfaccirasi con il suo autore alla Biblioteca Civica Villa Amoretti di corso Orbassano.

Il romanzo ha come protagonista Giulio D'Aprile, uno psicoterapeuta che si ritrova a fare i conti con la propria inettitudine nel momento in cui prende in cura un suo vecchio professore. Il rapporto tra i due uomini porterà a un'evoluzione, un cambiamento, fino alla brusca rottura dell'impasse con un avvenimento improvviso che sarà come una crepa da cui finalmente passa la luce.

Abbiamo incontrato Francesco Carofiglio per una chiacchierata poco prima dell'evento.

 

 

Ha scelto come epigrafe del suo romanzo una citazione di Albert Camus: «nel bel mezzo dell’inverno, ho scoperto che vi era in me un’invincibile estate». È una frase che descrive il percorso compiuto dal protagonista, Giulio D'Aprile?

È una frase che ha a che fare con la natura stessa della storia, con il tema del cambiamento. È una storia che mette a confronto due uomini apparentemente lontani tra loro, ma in realtà accomunati dal portare con sé un bagaglio scomodo. Quello del professore è un trauma professionale che sta all'origine della sua scelta di ritirarsi a vita privata, quello di Giulio ha a che fare con l'incapacità di prendere delle decisioni nella sua vita. Il rapporto tra i due mette poi Giulio nella condizione di fare finalmente delle scelte, e questo determinerà un cambiamento, appunto. In questo senso la frase di Camus è molto pertinente rispetto alla narrazione.

 

Lei definirebbe Giulio D'Aprile un uomo che vive in assenza di felicità, o un uomo semplicemente triste?

Si può essere non felici, ma non necessariamente infelici. E questo ha a che fare con la capacità di mettersi in moto. Di fatto Giulio è una persona che ha vissuto un'esistenza molto comoda, in una famiglia ricca. Non ha mai dovuto sforzarsi particolarmente, avrebbe persino potuto non lavorare. Questa vita facile l'ha portato ad avere tutto apparentemente a portatata di mano. Ma avere tutte le cose a disposizione non significa poi essere in grado di prendersele davvero. È un uomo immobile rispetto a tutto il mondo che lo circonda, come nel rapporto con la ex moglie e i figli. Resta in questa condizione fino a quando non succede qualcosa.

 

Rispetto ad altri suoi romanzi più “avventurosi”, come L'estate del cane nero o Wok, qui non abbiamo come protagonisti dei bambini o ragazzi che attraversano una fase cruciale della loro crescita. Descrivendo la parabola di un uomo maturo, ha voluto puntare su un romanzo più intimistico, privato, che scavasse a fondo nella natura umana?

In realtà non mi pongo mai obiettivi quando scrivo. È vero che qui il protagonista non è un adolescente, ma non è vero che non si possa scrivere un romanzo di formazione in assenza di personaggi giovani. Qui il protagonista ha quarant'anni e ha già varcato la linea che separa l'inconsapevolezza dalla consapevolezza. Una storia di formazione la si può raccontare comunque, collocandola in un diverso recinto anagrafico. Mi piace provare a raccontare delle storie senza mai decidere di dare messaggi a qualcuno. Semmai succede il contrario: è chi legge a raccontare poi allo scrittore la storia stessa. È una cosa che a me piace molto...

 

Ed è anche il motivo per cui lei ha accettato di aderire al progetto Leggermente, incontrando i suoi lettori...

Sì, il rapporto tra autore e lettore è importantissimo. Cito sempre una frase di Sartre, secondo cui il lettore è coautore dell'opera. Questo è molto vero. Nel corso dell'ultimo anno, da chi ha letto il mio libro ho ricavato almeno una decina di interpretazioni diverse della storia. È un grande motivo di arricchimento e di curiosità che si rinnova.

 

Con quali fasce d'età ha avuto principalmente a che fare, tra i lettori?

Con tutte, dai ragazzi delle scuole medie agli adulti. Io non scrivo mai per una fascia d'età precisa, ma sono consapevole del fatto che il livello di percezione rispetto alla storia è tanto più penetrante quanto più i ragazzi sono giovani, perché ci sono meno filtri.

 

Lei che ha lavorato per il cinema e la televisione, ha per caso ipotizzato di far diventare questo romanzo un film, un giorno?

So che la macchina del cinema è molto complicata. Sì, potrebbe diventare un film, ma finché non vedo la macchina partire non faccio previsioni... Si tratta comunque di una storia che si presta molto al cinema, perché è una storia privata, ma con diverse aperture verso l'esterno. Ci sono tanti luoghi che hanno un'importanza fondamentale nel romanzo, dal mare a una stanza chiusa. E le storie che si vedono al cinema sono proprio fatte di luoghi.

 

E ha già in mente l'attore che potrebbe interpretare Giulio?

Vedrei molto bene Kim Rossi Stuart. È un bravissimo attore che riesce a essere, con molto grazia, anche duro e ironico.

Per quanto riguarda il titolo, con “una specie di felicità” si intende una felicità che non è mai assoluta, ma sempre relativa, legata ad attimi e momenti, più che a un contesto stabile e duraturo?

Il bello delle parole è che ci si può giocare parecchio. Una “specie di felicità” potrebbe benissimo significare quello che ha detto lei, oppure potrebbe essere un “tipo” preciso di felicità. Preferisco non dare nessuna risposta rispetto a una sollecitazione di questo tipo, perché anche il titolo è un qualcosa che il lettore deve vivere in modo molto personale. Spesso mi è capitato, leggendo libri, ascoltando canzoni o guardando film, di inventarmi le cose che stanno attorno al titolo o dentro la storia. Quindi, in questo caso, se lei mi suggerisce questa interpretazione, a me va benissimo così...

Manuela Marascio