Attualità - 11 maggio 2017, 19:13

Torino e immigrazione: "Il mondo è questo e i cittadini devono esserne consapevoli"

Mauro Laus: “Siamo tutti figli dei flussi migratori". Presentato un progetto biennale sul tema in occasione del 90esimo anniversario della morte degli anarchici Sacco e Vanzetti

Quest’anno ricorre il novantesimo anniversario della morte, avvenuta negli Stati Uniti, di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, condannati alla sedia elettrica nell’agosto del 1927. Per ricordare la loro vicenda esemplare, emblema di tutti i migranti – di ieri e di oggi –, la Fondazione Giorgio Amendola di Torino e l’Associazione Sacco&Vanzetti di Torremaggiore (FG) – città natia di Sacco – intendono approfondire la storia dei processi migratori che hanno coinvolto l’Italia del XX secolo, da osservare anche come strumento di comprensione di quelli attuali.

Il progetto, presentato ieri presso la Fondazione di via Tollegno, ha lo scopo di denunciare il dramma di milioni di uomini e donne che sono tuttora costretti ad abbandonare la loro nazione alla ricerca di un lavoro e di un’esistenza migliore e a subire, così, condizioni di sfruttamento e umiliazione.

“Bisogna ricordare - ha affermato Prospero Cerabona, presidente della Fondazione Amendola - che i flussi migratori sono sempre esistiti, e la storia lo dimostra. Gli italiani stessi, a partire dalla fine dell’‘800, iniziarono a imbarcarsi per l’America meridionale: tra il 1876 e il 1915 furono ben 10 milioni quelli che lasciarono il nostro paese in vista di un futuro migliore. Dunque, tali processi non possono essere fermati, ma solo governati”.

“Il loro intento - ha spiegato Caterina Sabino, professoressa presso l’Università del Molise - era quello di investire in Italia i guadagni accumulati in America, per progredire socialmente e sganciarsi dalla povertà imperante. Una volta giunti nel nuovo continente, essi si isolavano nelle Little Italy, portando con sé un bagaglio culturale, religioso e valoriale che era, però, malvisto dai locali, e considerato come rinuncia all’integrazione. Erano, poi, molti i pregiudizi nei loro confronti: venivano giudicati ignoranti, analfabeti e sporchi. Solo la seconda generazione iniziò a fare ciò che i genitori non avevano osato, promuovendo e ottenendo, così, l’integrazione sociale”.

La vicenda di Sacco e Vanzetti è esemplare: essi, infatti, furono condannati perché immigrati, e per di più italiani – oltre che anarchici. Furono, dunque, uccisi a causa di un pregiudizio. Allora, “i cittadini”, ha concluso Mauro Laus, presidente del Consiglio regionale del Piemonte, “devono essere consapevoli e avere memoria della storia: non ci si può permettere di dimenticare il passato, perché questo è necessario per comprendere il presente. Siamo tutti figli dei flussi migratori! Con la globalizzazione, i problemi altrui diventano nostri e minacciano la nostra libertà. Testimonianze come quelle di Sacco e Vanzetti sono, quindi, utili per sollecitare le persone e creare una cittadinanza attiva. Essere cittadini richiede sacrificio”.

Roberta Scalise