- 02 giugno 2017, 12:40

La storia delle finali della Juve/ parte 2: le quattro finali di Lippi e la sfida impossibile di Allegri

Dal trionfo di Roma nel 1996 alla lunga serie nera, fino alla sconfitta contro il Barcellona a Berlino

A metà degli anni Novanta la Coppa Campioni diventa Champions League, cambia la formula e progressivamente aumenteranno anche il numero delle squadre partecipanti. E a metà degli Anni Novanta la Juve esce da un lungo tunnel e torna ad essere vincente. Grazie ad un tecnico emergente, Marcello Lippi, che fa giocare un calcio spumeggiante alla squadra bianconera, inanellando trofei in serie. Il primo acuto è lo scudetto del 1995, l’anno dopo arriva il trionfo europeo.

 

22 MAGGIO 1996 ROMA: JUVE-AJAX

Superata di slancio la fase a gironi, nella quale inizia a nascere la leggenda di Del Piero e dei suoi gol con il tiro a giro, la Juve nei quarti elimina il Real Madrid al termine di una doppia battaglia tiratissima. In semifinale c’è il Nantes, con il 2-0 di Torino nell’andata che vale l’ipoteca per la finalissima di Roma. La Juve ci arriva e porta con sé all’Olimpico 50 mila tifosi entusiasti, ma dall’altra parte c’è l’Ajax. Favorito perché campione in carica, favorito come già nel 1973,  ma stavolta è un’altra storia rispetto a Belgrado.

La Juve non gioca con timore reverenziale, i lancieri sono messi alle corde e già prima del quarto d’ora arriva l’1-0, con Ravanelli che approfitta del pasticcio tra Frank De Boer e il portiere Van der Saar e infila in rete, quasi dalla linea di fondo, malgrado il disperato tentativo di recupero di Silooy. Prima dell’intervallo c’è il pareggio dei lancieri con Litmanen, ma nella ripresa e poi nei tempi supplementari è la Juve a dominare e ad avere le occasioni migliori. Il risultato non si schioda, per, decidono i calci di rigore: i tiratori di Lippi non tremano e fanno tutti centro, quelli di Van Gaal invece si fanno ipnotizzare in due occasioni da super Peruzzi, che dice di no a Davids e Silooy.

Quando Jugovic realizza l’ultimo tiro, esplode incontenibile la gioia del pubblico bianconero presente all’Olimpico e di quello sparso per tutta l’Italia, che scende in strada a festeggiare la vittoria più attesa. Tocca a capitan Vialli alzare nel cielo dell’Olimpico la coppa dalle grandi orecchie, è il suo regalo d’addio alla Juve, prima di andare a chiudere la carriera in Inghilterra. Non sarà l’unica partenza eccellente, ma nonostante il gruppo venga profondamente rinnovato, un nuovo ciclo è pronto a iniziare e la Juve torna in finale di Champions anche l’anno seguente.

 

28 MAGGIO 1997 MONACO: JUVE-BORUSSIA

La squadra che Lippi aveva condotto al primo titolo aveva Vialli, Ravanelli e Baggio come tridente d’attacco, due anni dopo ci sono Vieri, Del Piero e Zidane. Cambia la squadra (non solo in attacco), ma non cambia la sostanza, la Juve continua a vincere e a divertire. In campionato conquista con autorità il secondo scudetto in tre anni, in Champions si sbarzza con facilità di ogni avversario, con l’Ajax preso letteralmente a pallate nelle due semifinali. A Monaco di Baviera, all’Olimpia Stadion che poi diventerà Allianz Arena (dopo la ristrutturazione per i Mondiali 2006), tra la Signora e il bis nella coppa dalle grandi orecchie c’è il Borussia Dortmund, tante volte maltrattato dai bianconeri in quegli anni.

Ma stavolta la storia è diversa: nelle fila dei tedeschi ci sono un sacco di ex del campionato italiano, compreso quel Paulo Sousa che era stato uno degli artefici del primo ciclo d’oro di Lippi. La Juve non ha la stessa fame e cattiveria di dodici mesi prima, la sindrome dei campioni in carica incapaci di ripetersi sembra attanagliare anche i bianconeri, colpiti due volte nel primo tempo da Riedle e dal giovane Ricken. Nella ripresa una magia di tacco di Del Piero, lasciato inizialmente in panchina a favore del carrarmato croato Boksic, riapre la contesa, ma poi Peruzzi va a pascolare sulla trequarti e si fa beffare da un lunghissimo pallonetto del solito Ricken, che si infila morbido nella porta sguarnita: è il 3-1 che segna la fine dei sogni.

Si parlerà molto del fatto che Peruzzi il giorno prima sia volato in charter in Italia per andare ad assistere la moglie che stava partorendo, in molti imputano a lui quella sconfitta per le incertezze avute già prima dell’ultimo gol: la verità è che tutta la Juve appare scarica, svuotata, vive di lampi e si lascia irretire da un avversario che tante volte aveva battuto in precedenza. Una (brutta) storia che purtroppo si ripeterà.

 

20 MAGGIO 1998 AMSTERDAM: REAL-JUVE

Il film di questa stagione è molto simile a quello della precedente: la Juve vince il campionato e arriva di nuovo in finale di Champions, la terza consecutiva, ma stavolta il percorso è più accidentato. In Italia a contendere il titolo fino alla fine c’è l’Inter del fenomeno Ronaldo, in Europa non mancano i momenti difficili, già nella fase a gironi e poi nel quarto di finale contro la Dinamo Kiev di Shevchenko.

Ma a trascinare la Juve c’è un Alessandro Del Piero mostruoso, che si merita l’appellativo di Pinturicchio che gli ha assegnato l’Avvocato Agnelli. Il numero 10 segna il gol scudetto nella sfida decisiva contro l’Inter in serie A e sigla la tripletta nella semifinale di andata contro il Monaco in Europa. Il guaio è che un problema muscolare, accusato nel primo tempo della finalissima di Amsterdam contro il Real, condiziona nettamente il suo rendimento (problema che si trascinerà dietro anche nel successivo Mondiale di Francia). La Juve, arrivata con le gomme un pò sgonfie all’atto conclusivo della Champions, con Del Piero a mezzo servizio e Zidane sotto tono, nella ripresa viene beffata da un gol (in fuorigioco) di Mijatovic, che riporta le merengues sul tetto d’Europa dopo 32 lunghissimi anni di astinenza. Per la Juve, invece, si sta esaurendo il primo ciclo d’oro di Lippi. Che ripartirà qualche anno dopo.

 

28 MAGGIO 2003 MANCHESTER: MILAN-JUVE

Dopo l’interregno di Ancelotti, la Juve è tornata sotto la guida di Lippi, reduce dalla infausta esperienza con l’Inter. “Sono tornato qui per fare una sola cosa, vincere”, dichiarava Marcello bello nel luglio del 2001, quando ripartiva alla guida della Signora. Detto fatto, primo anno ed è subito scudetto, anche se il 5 maggio è soprattutto un harakiri nerazzurro. Dodici mesi dopo i bianconeri ritrovano la finale di Champions, dopo aver eliminato il favoritissimo Real dei galacticos dell’ex Zidane in semifinale.

A contendere il titolo europeo alla Juve, nel teatro dei sogni dell’Old Trafford di Manchester, c’è il Milan, reduce da una doppia battaglia contro l’Inter. Bianconeri favoriti, nel derby tutto italiano, ma Lippi non può contare sul suo leader e trascinatore, Pavel Nedved, appiedato da un cartellino giallo rimediato negli ultimi minuti della seconda sfida contro il Real. Senza la sua ‘furia ceca’ la Juve non ha il consueto sprint, patisce soprattutto in mezzo al campo e ci vogliono alcuni interventi super di Buffon per tenere inviolata la porta bianconera. Il Milan gioca di più e meglio, anche se pure la Juve ha le sue occasioni, compreso il legno scheggiato da Conte.

Ma lo 0-0 non si schioda e si arriva così ai rigori. Una lotteria infarcita di errori anche grossolani, dove entrambe le squadre sembrano giocare a ciapa no. Il Milan degli ex Carlo Anceotti e Pippo Inzaghi ne sbaglia uno di meno, Shevchenko trasforma con glaciale freddezza l’ultimo e riporta il Milan in vetta all’Europa dopo quasi un decennio. Mentre si parla ormai apertamente di sindrome Champions per la Juve. Che dopo Manchester prima saluterà le grandi sfide internazionali e poi sarà travolta da calciopoli.

 

6 GIUGNO 2015 BERLINO: BARCELLONA-JUVE

Dodici anni dopo l’ultima finale, la Juve torna a contendersi lo scettro continentale. E lo fa al culmine di una stagione iniziata con l’addio di Conte e il contestato (da una parte della tifoseria) arrivo di Allegri in panchina. La Juve per qualche mesi è impegnata in un serrato testa a testa con la Roma in campionato, ma poi va via di forza e si impone con anticipo. Crescono le prestazioni anche in campo europeo, dopo le due sconfitte nelle prime tre gare della fase a gironi.

La Juve soffre, ma arriva sino a Berlino, sbarazzandosi con un solo gol (e su rigore) nella doppia sfida dei quarti con il Monaco, prima di compiere il capolavoro nelle due semifinali contro il Real campione in carica dell’ex Ancelotti. Decidono la qualificazione i gol del prodotto della cantera madrilena Alvaro Morata, che si ripeterà anche nell’atto conclusivo, ma prima e dopo ci sarà troppo Barcellona per questa Juve. Il trio delle meraviglie dei catalani Messi-Suarez-Neymar rispetta il pronostico e conquista il triplete, quello che adesso sogna la Juve. In una finale Real che parte assolutamente alla pari. Che la Juve giocherà con otto, forse nove uomini diversi rispetto all’undici di Berlino.

Massimo De Marzi