Se è vero che in natura nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma, è altrettanto certo che nel ciclo produttivo il riuso può fare la differenza. E se a confrontarsi sul tema sono tutte quelle associazioni che nella propria attività riutilizzano materiali, il risultato non può che essere la riconferma di tutte le teorie su una sostenibilità ambientale che parta “dal basso”.
Venerdì scorso, nella Casa del Quartiere di San Salvario, il Tavolo del Riuso ha organizzato un'intera giornata dedicata al lavoro di gruppo e successivo dibattito sull'importanza del recupero e le nuove strategie da attuare nel territorio.
Tre i workshop condotti nel corso della mattinata. Il riuso come valore, animato da Roberto Tognetti, architetto e coautore, insieme con Giovanni Compagnoli, di Riusiamo l'Italia. Da spazi vuoti a start up culturali e sociali. Una riflessione sul modo in cui viene comunicata l'importanza intrinseca del riuso, e sulle eventuali strategie da attuare per un miglioramento nella diffusione delle informazioni. Il secondo tema riguardava i centri di riuso e lavoro: è stato tenuto da Vania De Preto, presidente della cooperativa Insieme di Vicenza, che gestisce il più grande centro del riuso in Italia. Una serie di quesiti su come possano nascere nuovi centri e su quali forze mettere in campo per il mantenimento di quelli esistenti. Infine, un terzo momento di scambio ha avuto come protagonista l'economia circolare, all'interno della quale va inserito il riuso. Il workshop è stato guidato da Amina Pereno, ricercatrice del Politecnico nel progetto Re-Trace, che studia la connessione tra approccio sistemico ed economia circolare in cinque regioni.
Dai dibattiti è emersa, innanzitutto, la necessità di incrementare il numero dei centri del riuso per favorire l'aumento di posti di lavoro. Attività con una forte valenza educativa, che favorirebbe quella coesione sociale alla base di tutte le cooperative attive nel proprio territorio.
E ancora, l'autodeterminazione dei soggetti rispetto alla scelta del riuso, la necessità di ridefinire le modalità di produzione dei rifiuti partendo dal processo inverso. L'abbattimento di quelle barriere che confinano l'argomento nell'area “non glamour” delle tematiche al centro dell'opinione pubblica.
Un'emarginazione che potrebbe essere superata studiando un modello di piattaforma che crei condivisione e dialogo continuo tra gli attori. Ispirandosi un po' ad Amazon.
La giornata è stata anche l'occasione per inaugurare la mostra fotografica “I volti del riuso”, di Federico Botta e Chiara Allione. Protagonisti delle immagini, alcuni dei tanti uomini e donne impegnati quotidianamente nel recupero di materiali, nel chiaroscuro del loro posto di lavoro. Un bel progetto che dà un nome e un volto a un'attività spesso poco conosciuta. “Se ne parla perché siamo in un'epoca in cui risparmiare energia e materia prima è cool, oltre che giusto e necessario. Se ne discute nei convegni perché, parlando di economia circolare, è più coerente nominare il riuso che il riciclo. Eppure le pratiche del riuso eccedono la nostra mappa mentale spontanea”, spiegano i curatori.
Il Tavolo del Riuso dimostra l'importanza dello scambio tra soggetti diversi, del confronto su un tema che riguarda la collettività, ma è destinato alla coscienza individuale, da sensibilizzare ancora. Partendo da un foglio di carta, una penna e un tavolino attorno a cui riunirsi.