Sarà che il loro percorso scolastico li porta a lasciarsi continuamente andare alla fantasia, sarà che il primo giorno d’estate mette comunque sempre di buon umore: gli studenti del liceo artistico Cottini, in via Catelgomberto, e dell’istituto alberghiero Colombatto, di via Gorizia, abbandonano le aule d’esame col sorriso sulle labbra e una serena rassegnazione in viso.
In tanti hanno scelto l’analisi del testo, pur non avendo mai sentito nominare in vita loro l’autore, Giorgio Caproni. Una beata indifferenza che pare quasi rispondere sorniona all’ultimo verso della poesia uscita dalla busta ministeriale: “Come potrebbe tornare a essere bella, scomparso l’uomo, la terra”.
Ma chi era costui? Un livornese impiantato a Genova, città che ha consacrato alcuni tra i miglior artisti del nostro Novecento, con i suoi caruggi in cui perdersi e ritrovarsi di continuo, città-rifugio, città-madre, porto di mare per eccellenza. Tra i tanti che l’hanno celebrata, De André e Montale, entrambi così prolifici e certamente più mainstream del povero, bistrattato Caproni.
Ma i maturandi non si sono lasciati intimorire: non ti conosco, Giorgio, ma i tuoi “versicolo quasi ecologici” mi piacciono. E via, si tenta la sorte.
Le aspettative generali ricadevano soprattutto su Pirandello, dato che quest’anno ricorre il 150° della nascita. E, poi, diciamolo, è quello che si studia di più, l’ultimo anno di liceo.
Tra le altre tracce andate per la maggiore nelle due scuole di Mirafiori e Santa Rita, il saggio breve socio-economico, sulla robotica e le nuove tecnologie nel mondo del lavoro, e il tema di attualità sul progresso, a partire dalla citazione di Edoardo Boncinelli: “Per migliorarci serve una mutazione”. Un’intuizione di grande acume, forse ancor più raffinata del catastrofico invito all’estinzione di massa lanciato da Caproni.