Attualità - 14 luglio 2017, 14:54

L'Università di Torino sotto esame: il caso della precaria lasciata a casa mentre era in maternità

Igor Piotto della Flc-Cgil:"Stiamo valutando con Barbara di intraprendere un’azione legale per discriminazione in caso di maternità. Questo è un caso in cui si esprime la violenza baronale, perché interviene su una scelta di vita personale, cioè quella di avere un figlio"

“Stiamo valutando con Barbara di intraprendere un’azione legale per discriminazione in caso di maternità. Questo è un caso in cui si esprime la violenza baronale, perché interviene su una scelta di vita personale, cioè quella di avere un figlio”. E’ diretto il j’accuse che Igor Piotto della Flc-Cgil Piemonte lancia al mondo accademico sulla vicenda di Barbara Dal Bello, borsista alla facoltà di Agraria di Torino, che non le avrebbe rinnovato il contratto:”perché incinta”. A dirlo è lei stessa, tra la determinazione, la rabbia e qualche lacrima, di una donna che dopo aver lavorato 15 anni con contratti precari si ritrova a non sapere quale sarà il suo futuro.

Una storia balzato agli onori di cronaca perché la 37enne ha voluto denunciare pubblicamente il suo caso tramite lo sportello del precariato, a cui si è rivolta, ed i sindacati. Un caso non isolato, contando che i precari in Uni-To sono 1.036, di questi 411 sono assegnisti di Ricerca, 541 borsisti e cococo e 84 ricercatori di tipo A. “Se Barbara fosse stata assunta con contratto tempo determinato”, ha evidenziato Piotto, “avrebbe avuto l’infrastruttura di tutela”.

Una precarizzazione determinata dalla riforma Gelmini, come ha voluto precisare lo stesso Rettore Gianmaria Ajani:”I contratti a tempo indeterminato sono stati trasformati in precari. A questo si associa un turn-over negativo, imposto sempre dalla legge, per cui se vanno in pensione 10 persone ne entrano solo 4”. “E’ necessaria una pressione coordinata di tutti gli atenei sul MIUR per sbloccare la situazione. Per quanto riguarda la ricercatrice, le era scaduta la borsa perché il progetto era finito. Nella sua facoltà si sono aperte delle posizioni di concorso, a cui lei può partecipare”.

 

Parole, quest’ultime,  che non sono piaciute al consigliere regionale Marco Grimaldi, che le ha giudicate:”Inaccettabili. E’ come coi voucher, coi quale una persona viene pagata solo se lavora. In caso di malattia o annullamento resta senza stipendio”. “La cosa grave è che qui la vicenda è un bambino. È responsabilità dell'istituzione stare da parte di chi è discriminato: in caso di procedimento penale e di riconoscimento della discriminazione può essere attivato il fondo regionale specifico”, ha concluso l’esponente di Sel. Posizioni condivise anche dal consigliere regionale Andrea Appiano che ha evidenziato come le :”istituzioni debbano rimettersi in gioco”.

“A titolo personale mi sento di escludere discriminazione di genere e stato. Mi auguro che l’università possa risolvere il problema endemico di continuare a sfornare precari”, ha concluso il professore Silvia Giorcelli.

Il 19 luglio è previsto un incontro dei lavoratori universitari precari.

 

Cinzia Gatti