Stefano ha lasciato il Piemonte all’ età di 17 anni. Destinazione Londra. Nel Regno Unito si è laureato in Psicologia, ha fatto il lavapiatti, l’ aiuto cuoco (puliva, tagliava e preparava le verdure per lo chef), cameriere ed ora è manager in un’ impresa del settore della ristorazione. “Sono entusiasta, ma in Italia questo percorso non lo avrei mai fatto” dice.
Per due ordine di ragioni. La prima è che nel nostro Paese chi parte lavapiatti finirà la sua carriera come lavapiatti. Non c’ è la possibilità di crescere, di far valere le proprie capacità. Il nostro mondo del lavoro è bloccato, congelato. In questi ultimi anni è davvero difficile trovare qualche ragazzo che partito dalla gavetta sia arrivato al top della carriera, a meno di raccomandazioni, protezioni, aiutini vari…
La seconda ragione è che difficilmente un ragazzo italiano accetta di fare il lavapiatti, il barista o il cameriere. Più di un titolare di ristoranti o di bar ha confidato che, durante i colloqui, una delle prime domande che si sente fare da un giovane in cerca di lavoro è: “Ma bisogna lavorare tutte le sere? Anche il sabato e la domenica? E quando sarei libero per uscire con i miei amici o in discoteca?”
Eppure, secondo i dati di Unioncamere, entro novembre le imprese di Torino e Provincia hanno programmato fino a 41mila nuove assunzioni. Poche meno per la provincia di Cuneo. E…udite, udite…le figure professionali più richieste sono cuochi, camerieri e commessi, soprattutto se giovani al di sotto dei 29 anni. Li troveranno?
Infine, un plauso e un ringraziamento a quei giovani – e non sono pochi – che ogni giorno e ogni sera lavorano con professionalità nei bar e nei ristoranti delle nostre città. L’ augurio è di far carriera, come Stefano.