Economia e lavoro - 17 novembre 2017, 07:00

Effetto 4.0 sul Piemonte che produce: 7 aziende su 10 si stanno già trasformando

Lo rivela l'ultimo studio Mecspe Pmi Piemonte e più della metà degli imprenditori percepisce la propria azienda come innovativa. Per il 65% poi la tecnologia è fondamentale, ma solo se accompagnata da lavoratori formati

Potremmo chiamarlo "Effetto 4.0". Quell'effetto che in questi anni recenti sta spingendo le imprese del nostro territorio a guardarsi allo specchio trovandosi cambiate. Anche piuttosto in profondità.

Lo rivela l'ultimo studio fatto sulle pmi del Piemonte da parte dell'Osservatorio Mecspe, che ha voluto portare sotto i riflettori gli effetti delle tecnologie cosiddette "abilitanti" sul territorio produttivo nostrano al giro di boa del 2018. Si scopre così che - rispetto al passato - ben 7 aziende su 10 si ritengono "modificate", tanto che una buona parte si definisce digitalizzata "ormai in buona parte" (42,2%), o addirittura interamente (39,1%) o anche solo in pochi nodi (12,5%).

A spiccare, inoltre, è la percezione di se stessi che hanno gli imprenditori. Coloro che sono le anime delle aziende. Più della metà percepisce infatti la propria azienda molto o abbastanza innovativa (53,1%), mentre il 75,8% ritiene che tra i migliori strumenti di avvicinamento all’innovazione ci sia innanzitutto il trasferimento di conoscenza, seguito dalla consulenza mirata (58,1%), le comparazioni con aziende analoghe (40,3%), i workshop (16,1%) e la tutorship di un’accademia o università (11,3%). Il 92,1% ritiene di avere un livello di conoscenza medio-alto rispetto alle opportunità tecnologiche e digitali sul mercato, mentre il 72,3% prevede di investire fino al 20% del fatturato in ricerca e innovazione. Il 50% degli intervistati ha fiducia nel concetto di filiera e ha già puntato su queste collaborazioni per favorire lo sviluppo tecnologico della propria azienda o sta prendendo in considerazione di farlo. Insomma: ne gli imprenditori piemontesi ne sanno (o ritengono di saperne) e le loro aziende hanno già intrapreso almeno una parte del cammino che le condurrà verso il domani.

“Siamo di fronte ad una trasformazione tecnologica radicale che ha attraversato il mondo industriale del nostro Paese a diversi livelli, ed in particolare in Piemonte – dichiara Maruska Sabato, project Manager di Mecspe (appuntamento di riferimento per il manifatturiero che sarà ospitato alle Fiere di Parma dal 28 al 30 marzo 2019) –. Dall’Osservatorio sui primi sei mesi del 2018 emerge che la maggior parte delle imprese manifatturiere del territorio esprime soddisfazione per gli investimenti attuati nell’ambito della tecnologia e innovazione. In un momento in cui queste sono chiamate ad operare in un contesto più complesso e ad accettare le sfide della competizione globale, gli imprenditori vedono nel percorso 4.0 una grande opportunità da cogliere, convinti che le misure adottate possano effettivamente accelerare lo sviluppo e la competitività aziendale, favorendo maggiore efficienza. Formazione, consulenza mirata e trasferimento di conoscenza restano i principali fattori chiave nel processo di innovazione aziendale".

E se c'è un punto su cui tutti concordano, è che questo passaggio di livello non è più rimandabile, anzi: è fondamentale quanto strategico. “Le imprese italiane sono oggi chiamate a fare un salto culturale forse senza precedenti: sul piano tecnologico ma anche strategico, gestionale, manageriale e finanziario – commenta Dario Gallina, Presidente dell'Unione Industriale di Torino -. Rispetto ai nostri concorrenti di punta c’è un grande ritardo da recuperare sulle nuove frontiere tecnologiche di ‘Industria 4.0’. L’automotive è tra i settori più coinvolti da questa evoluzione: guida autonoma, auto elettrica, smart mobility sono le parole chiave. Grazie al suo patrimonio imprenditoriale e alla sua specializzazione Torino può avere un ruolo di leadership. Ma occorre rafforzare competenze e tecnologie: il crinale tra declino e rilancio è molto sottile.”

“L’Osservatorio MECSPE sulle PMI della meccanica piemontese rileva una buona propensione delle nostre aziende alla trasformazione digitale e tecnologica dei processi produttivi - commenta Paolo Dondo, responsabile tecnico del Polo regionale Mesap dedicato a Smart Product & Smart Manufacturing -. Sul fronte delle competenze, emerge la necessità di una formazione in ambito tecnologico di alto livello rivolta ai lavoratori attivi (la cosiddetta formazione permanente, ndr) e ai giovani che cercano lavoro. Le scuole, insieme agli altri attori del territorio stanno lavorando in questa direzione. In quest’ ottica risulta essere sempre più strategico un nuovo accordo di partnership forte tra università, enti di ricerca, aziende e startup. Infatti, è su questo fattore che si gioca la capacità del nostro territorio, delle nostre imprese e dell’Italia in generale, di rimanere competitivi, di crescere e attrarre risorse e investimenti di gruppi internazionali, nell’ottica di favorire nuovi insediamenti industriali".

Ma quanto spazio ci sarà per l'uomo, in questo nuovo contesto? Perché il vero timore è che la nuova tecnologia finisca per polverizzare i posti di lavoro. Dai risultati dell'osservatorio, a ben vedere, questo timore sembrerebbe scongiurato. Per il 65% del campione infatti la tecnologia ha sì un ruolo di primo piano, ma solo se supportata da un’adeguata formazione umana e da un cambiamento culturale. Il 35%, invece, ritiene che sono le persone ad avere un ruolo fondamentale, rispetto alla tecnologia, di centralità nei processi, e che la percezione umana sia il vero driver del cambiamento. Alla domanda, se le attuali figure professionali scompariranno, il 70,5% risponde “Non del tutto”, pronosticando che si assisterà alla nascita di nuove/specifiche figure con forti competenze in ambito IT; per il 26,2% alcune figure rimarranno insostituibili, rispetto al 3,3% che pensa che le professioni tradizionali non riusciranno a tenere il passo e saranno inevitabilmente sostituite. Una tendenza in linea anche con i dati nazionali.

Guardando al futuro, dunque, i profili specializzati più richiesti entro il 2030 saranno il Robotic engineer (23,3%), gli specialisti dei big data (15%), gli esperti di cybersicurezza (10%); a seguire i programmatori di intelligenze artificiali (8,3%), lo specialista IoT (6,7%) e il multichannel architect (3,3%).

Massimiliano Sciullo