Collegno-Rivoli-Grugliasco - 14 febbraio 2018, 07:38

La signorilità degli Animali

Si dice che il calcio sia uno sport per gentiluomini praticato da animali, il rugby uno sport per animali praticato da gentiluomini e il football americano uno sport per animali praticato da animali

Si dice che il calcio sia uno sport per gentiluomini praticato da animali, il rugby uno sport per animali praticato da gentiluomini e il football americano uno sport per animali praticato da animali. Bene, da un paio di settimane è incominciato uno dei classici dello sport europeo, il “Sei Nazioni” di Rugby, torneo riservato alle quattro nazionali britanniche, ovvero Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda, oltre a Francia e Italia. Gli azzurri, solo da pochi anni sono assurti a questo Olimpo della palla ovale, per meriti sportivi, visti i progressisti ottenuti dal movimento sulla scena internazionale e quindi pagano lo scotto di confrontarsi con nazioni che, al contrario, vantano una tradizione e uno standard qualitativo di ben altra caratura.

Malgrado ciò, i nostri alfieri si battono come leoni, gettando il cuore nella mischia ad ogni partita e guadagnandosi il rispetto degli avversari col loro coraggio e la loro dedizione.

Il paragone con il calcio, che proprio quest’anno avrebbe dovuto vedere l’Italia protagonista della competizione che si terrà in Russia, è obbligato ed impietoso. Tanta la sufficienza, la boria e se vogliamo anche l’incompetenza con cui sono state affrontate le qualificazioni mondiali, che le lacrime di alcuni dei protagonisti, al termine del match di San Siro contro la Svezia, che ha sancito l’eliminazione e la figuraccia mondiale, suonano fasulle o perlomeno hanno il sapore di un rammarico personale e non collettivo, legato alla debacle della squadra.

Benché nelle prime due gare del Sei Nazioni di quest’anno, l’Italia abbia patito due sconfitte, sonore ma inevitabili, contro le Rose inglesi e i Trifogli irlandesi, rispettivamente seconda e terza squadra nel ranking mondiale del rugby, l’onore degli azzurri è intatto, perché l’impegno profuso in campo è stato sempre all’altezza della situazione e nessuno può rimproverare loro nulla.

Un esempio da seguire, a tutto tondo, per il sistema calcio, che da una sana trasfusione di valori rugbistici avrebbe solo da guadagnare. E non mi si venga a raccontare che il rugby è sport, mentre il calcio è business. Nei paesi anglosassoni i professionisti della palla ovale guadagnano come i calciatori, ma senza tutti quei fronzoli che appesantiscono e trascinano il pianeta calcio verso il fondo di una credibilità sempre più in ribasso, malgrado invece la popolarità ancora regga, ma qui si dovrebbe aprire una profonda riflessione su quali siano i valori trainanti della nostra società contemporanea.

Imparare da chi fa meglio di noi, per garantire al calcio un futuro di credibilità educazionale verso i giovani, è un dovere morale, non farlo, un peccato mortale.

Domenico Beccaria