Quella di oggi del Tribunale di Torino su Foodora è una decisione clamorosa.
Il giudice non ha accolto il ricorso dei sei lavoratori licenziati, sebbene gli avvocati abbiano documentato il potere organizzativo, direttivo e disciplinare unilaterale dell'azienda. I contratti parasubordinati di collaborazione coordinata e continuativa erano a tutti gli effetti usati come rapporti di lavoro subordinato. Turni allungati e assegnati all'ultimo a discrezione del datore, sospensioni per ragioni disciplinari, velate o meno velate initmidazioni ("molla il freno", "sei più lento di una femminuccia", "bell'attaccamento alla maglia" alcune delle frasi della chat aziendale riportate in aula).
I lavoratori non potevano intervenire con i clienti, non avevano potere di organizzazione, non avevano mezzi di produzione, non potevano conoscere le caratteristiche dell'ordine e la sua distanza, lavoravano dalle 15 alle 35 ore settimanali, in caso di malattia per evitare una penalità dovevano presentare un certificato medico entro 24 ore, il login effettuava una timbratura virtuale. In sostanza non c'erano diritti ma la scelta elementare fra stare dentro alle condizioni dell'azienda o rimanere fuori.
Quando è iniziata la protesta la situazione si è inasprita: i rider più impiegati sono stati sospesi per ragioni disciplinari; uno di loro aveva rifiutato di rivelare i nomi dei partecipanti alle assemblee e il contenuto di ciò che avevano detto. Insomma, Foodora è a tutti gli effetti un' impresa che fornisce un servizio di consegna a domicilio, non connette soggetti autonomi (ristoratori, fattorini, clienti). Il compenso è erogato mensilmente e a ore come in ogni rapporto subordinato. Le mansioni sono ripetitive ed elementari come nei contratti collettivi dei fattorini. La possibilità teorica di rifiutare l'ordine ma non è formalmente configurata.
Nonostante ciò il giudice non ha accolto il ricorso e non ha ritenuto l'esclusione dei sei lavoratori non più graditi illegittima, discriminatoria, senza motivazione e senza giusta causa. "Sono amareggiato per i lavoratori che non hanno ottenuto giustizia e comprendo la loro rabbia e la delusione, ma andremo avanti" - dichiara il Segretario di Sinistra Italiana Marco Grimaldi, che da anni segue la vertenza e anche oggi è stato presente all'udienza conclusiva - "Questa è la prima sentenza sulla Gig economy in Italia, ma ce ne saranno altre. I lavoratori e le lavoratrici delle altre piattaforme (Deliveroo, Just Eat) si stanno organizzando".
"Unirsi e lottare come hanno saputo fare questi ragazzi continua a essere fondamentale. Non bisogna arrendersi. Faccio comunque i miei complimenti al lavoro secondo me ineccepibile degli avvocati Giulia Druetta e Sergio Bonetto. Continueremo a dare battaglia nelle sedi istituzionali e in Parlamento perché l'economia della piattaforma rispetti come ogni azienda la Costituzione".S