Il premio Pulitzer 2018 Andrew Sean Greer si è raccontato presso l’Arena Bookstock, nel corso dell’ultima giornata del Salone Internazionale del Libro.
“Ho scritto il mio primo romanzo a 16 anni. A trasmettermi l’amore per la lettura è stata mia madre, la quale mi ha insegnato che la letteratura possa essere un ottimo veicolo di espressione”, ha raccontato emozionato Greer, continuamente acclamato da una sala adorante di adolescenti.
“Mi sono sentito realmente uno scrittore quando l’editore ha accettato il mio primo romanzo: un grande sollievo, che ho provato anche quando ho saputo di aver vinto il premio Pulitzer”.
“Il modo migliore per scrivere un libro”, ancora, “è pensare che non lo leggerà nessuno, in modo tale da poter fare qualsiasi cosa con il testo: per me, si è rivelato l’approccio migliore. È un po’ come svolgere una performance, quando su palco i fari puntati consentono di fare quello che si vuole, senza poter vedere e osservare il pubblico”.
E a proposito di consigli agli esordienti, l’autore ha affermato che “uno scrittore debba essere se stesso, perché il pubblico vuole leggere di un altro essere umano. Io scrivo perché non posso farne a meno. Se non lo faccio, mi sento triste. Il modo di scrivere varia, poi, da autore ad autore. La mia routine, per me che svolgo questo mestiere da anni, è la seguente: mi sveglio, bevo il caffè, non guardo Internet e scrivo le mie pagine, giorno dopo giorno”.
“Ciò nonostante, mi sembra di essere ancora in un sogno, perché ho scritto un libro, l’ho pubblicato e ciò che avevo ideato l’ho visto trasformato in realtà: letteralmente, perché gli episodi divertenti che ho narrato in ‘Less’ – con cui ha vinto il premio, n.d.r. – mi accadendo succedendo davvero”.
Una commedia che, tuttavia, si dipana su un sottofondo di dolore: “appena si inizia il libro, già si comprende che andrà tutto bene”. I momenti malinconici e agrodolci, infatti, sono ben coniugati ad attimi di felicità. “Felicità, che è l’emozione più difficile da raccontare. Quando scrivo, cerco di eliminare tutto dal mio protagonista, per poi restituirglielo, ed è qui che giace la gioia”.
Per ricreare l’ambientazione, invece, “ogni giorno, per due anni, ho letto un quotidiano degli anni ’50, per immergermi in quell’epoca e scriverne al meglio. Per narrare, infatti, bisogna sempre partire dalla realtà”.
Così come i personaggi, i cui dettagli derivano sempre da persone reali, “cui, come a una sorta di Frankenstein, si dà una scossa di parole e, con queste, si fanno camminare nel libro: il mestiere dello scrittore è proprio fare attenzione a quei dettagli che gli altri si perdono. Per quanto concerne me, invece, in ‘Less’ ci sono tutte le mie qualità migliori e peggiori”.
Lo scrittore ha, infine, suggerito due consigli di lettura ai suoi auditori: “Un americano tranquillo”, di Graham Greene e “The Big Sleep”, di Raymond Chandler.