Un impegno della Giunta regionale per adottare tutti gli strumenti in capo alla Regione e a sollecitare il Ministero ad attivarsi per scongiurare l’imminente crisi occupazionale di Comdata, società attiva nel settore dei call center e dei servizi alle imprese, che da aprile ha attivato il fondo integrativo salariale (una forma di sostegno al reddito per chi non ha diritto alla cassa integrazione) per 363 lavoratori del sito di Ivrea, dove lavorano poco più di mille addetti. È quanto ha richiesto l’Aula di Palazzo Lascaris approvando oggi all'unanimità un ordine del giorno, presentato dal gruppo consiliare M5s con emendamenti proposti dal gruppo Pd.
A illustrare le preoccupazioni per il futuro occupazionale dell’azienda è stata una delegazione di lavoratori di Comdata, ricevuta in mattinata dal presidente del Consiglio regionale, dal presidente della terza Commissione consiliare e da alcuni consiglieri. Durante l’audizione, una lavoratrice ha spiegato come Comdata abbia motivato il fondo integrativo salariale per 13 settimane a causa del dimezzamento della commessa di Telecom, benché solo due mesi prima l’azienda dichiarasse buone condizioni di salute e la volontà di mantenere in Piemonte il perimetro delle sedi, presenti oltre che a Ivrea, anche a Torino e Asti.
Comdata è oggi un gruppo multinazionale con oltre 40mila dipendenti e che dal 2011 ha avviato un processo di espansione, arrivando a contare 13 sedi nazionali e la presenza all’estero in 16 Paesi.
Alla scadenza del termine, la cassa integrazione potrebbe essere rinnovata per altre 13 settimane e successivamente i lavoratori potrebbero rischiare di perdere il posto di lavoro.
Comdata ha recentemente presentato ai sindacati un piano di consolidamento che, alla fine dell’estate, porterà il gruppo a una crescita di oltre 200 dipendenti, con la creazione di posti di lavoro nelle sedi di Cagliari e Lecce come conseguenza di un accordo con Fastweb, ma anche alla chiusura dei siti produttivi di Padova e Pozzuoli dove lavorano complessivamente 262 persone.
“Siamo preoccupati per il nostro posto di lavoro, ma non siamo disposti a lavorare sulla pelle di altri lavoratori”, ha dichiarato in conclusione la delegazione.