Se c’è una cosa che pochi altri artisti sanno fare, oggi, in Italia, è riuscire a unire un pubblico di migliaia di persone come se fossero un corpo solo, una voce sola. I cuori che battono seguendo lo stesso ritmo, mani alzate al cielo cercando di acchiappare note familiari disperse nell’aria. Un rito laico e potentissimo capace di fermare il tempo, una trasgressione a ogni regola dettata solo dalla gioia di essere lì.
Ancora una volta Vasco ce l’ha fatta. Erano in 40 mila, ieri sera, allo Stadio Olimpico di Torino, e lui li ha abbracciati uno a uno. Un live di due ore e mezza con il sapore nostalgico di Modena Park e la forza inesauribile di una musica plurigenerazionale che continua a guardare al domani.
Il Komandante ha aperto il concerto poco dopo le 21 con “Cosa succede in città”, facendo subito saltellare tutto il parterre in trepidante attesa da ore. Poi altre esplosioni di rock con “Quante deviazioni” e “Blasco Rossi”. Doveroso l’omaggio ai Metallica con un pezzo di “Enter sandman”, come ringraziamento per la citazione fatta dalla band al Pala Alpitour lo scorso febbraio.
Immancabili le ballate rivolte al cielo notturno, dal dittico “L’una per te”/ “Dillo alla luna” alla splendida “E...”, dal dolcissimo valzer in tre quarti di “Come nelle favole” fino a uno dei pezzi romantico-disperati più amati e meno sentiti negli ultimi concerti, “Stupido hotel”.
Medley al cardiopalma, come solo Vasco sa fare: una perfetta fusione tra vere e proprie bombe a orologeria, con “Delusa”, “T’immagini”, “Mi piaci perché”, “Gioca con me”. E poi le intramontabili e arrabbiate “Siamo soli”, “Gli spari sopra”, “C’è chi dice no”.
Attesissimo, come sempre, il momento di “Rewind”, che a Modena, quasi un anno fa, aveva generato uno spogliarello collettivo tra le fan in delirio, con reggiseni sventolati all’aria in libertà. Qui meno esibizionismo, ma le donne sempre protagoniste, sollevate sulle spalle dei loro uomini per farsi notare, per dire al Blasco “guarda, ci sono anch’io, e questa canzone l’hai scritta anche per me”.
L’assenza di ben tre dei musicisti storici della squadra di Vasco si è fatta sentire. Clara Moroni, “la Ferrari del rock”, ha aperto il concerto con un assaggio del suo nuovo progetto da solista. Poi il palco è stato lasciato alla giovane polistrumentista Beatrice Antolini, la new entry che ha destato più curiosità dal momento in cui il rocker di Zocca ne diede l’annuncio mesi fa. Talento da vendere, grinta e raffinatezza infuse nelle tastiere, nelle corde della chitarra, nelle percussioni, un look più angelico e meno aggressivo, un sorriso capace di stregare uno stadio intero.
Peccato per il sax di Andrea Innesto, detto “Cucchia”, lasciato “in panchina” per questo tour. E che disdetta la pausa forzata del mitico “Gallo”, il bassista Claudio Golinelli, ricoverato per un malore il 22 maggio, e finalmente da poco uscito dall’ospedale, sostituito da Andrea Torresani.
Gli altri fuoriclasse del Blasco non hanno mancato di regalare brividi puri negli intermezzi musicali tra le canzoni: dal batterista Matt Laug al pianoforte di Alberto Rocchetti, passando per le tastiere e la programmazione di Frank Nemola al perfetto duo di chitarre con Stef Burns e Vince Pastano.
Alla fine, sulle note di “Albachiara”, pioggia di coriandoli, sorrisi e lacrime. “Ce la farete tutti”, urla Vasco. Lui che da quarant’anni non molla, non perde un colpo. E non resta che credergli.