“Su Torino non c’è niente da ridire: è una città magnifica e singolarmente benefica”. E ancora: “Torino non è un luogo che si abbandona”. Sono queste le parole che Friedrich Nietzsche spende su Torino, città in cui soggiorna per una manciata di mesi nel tardo 1888 e di cui si innamora visceralmente. E sono anche le parole per cui ho deciso di iniziare con lui questa mia rubrica su quei personaggi che, anche se non per forza originari della città sabauda, l'hanno in qualche modo vissuta ed amata.
Siamo nel settembre del 1888, e il filosofo, dopo aver soggiornato per breve tempo a Torino in primavera, decide di trasferirivisi nuovamente, stavolta per un periodo di tempo più lungo. Affitta così una camera in via Carlo Alberto 6, a pochi metri dall'omonima piazza, su cui oggi s'affaccia la Biblioteca Nazionale. La stanza ha una finestra che dà sull'ingresso della Galleria Subalpina, così come apprendiamo da numerose lettere ed appunti del filosofo, ed un'altra che verosimilmente offre la vista della piazza. A poca distanza, inoltre, si trova Piazza Carignano, uno dei luoghi simbolo della città sabauda e probabilmente uno dei suoi punti di maggior pregnanza storica.
Nietzsche affitta la camera dai coniugi Davide e Candida Fino, proprietari di una piccola rivendita di giornali in Piazza Carlo Alberto. Sappiamo che paga 30 lire al mese e che gli viene messo a disposizione un pianoforte che suona per svariate ore al giorno. Il resto del tempo lo trascorre scrivendo e compiendo lunghe passeggiate per la città, recandosi e stazionando nei caffè più prestigiosi di Torino senza badare a spese (su tutti il Bar Fiorio in via Po, bar-gelateria oggi vera e propria “istituzione” della città). “La cucina migliore è quella piemontese”, scriverà in quei giorni, e ancora: “Che cucina coscienziosa, accurata, persino raffinata! Finora ignoravo cosa fosse un buon appetito!”. E' lui stesso, infatti, a scrivere che trascorre molto tempo nei caffè del centro, rimpinzandosi di “sorbetti, spumoni, cioccolato torinese e maccaroni”.
E' proprio a Torino, inoltre, che Nietzsche termina la stesura del suo capolavoro, Ecce homo. Nonostante ciò, la permanenza del filosofo a Torino viene quasi ed esclusivamente citata in relazione a quello che potremmo ribattezzare l'aneddoto del cavallo. Tra mito e realtà, quest'episodio rappresenta per qualcuno l'inizio del vero e proprio crollo mentale di Nietzsche che, vedendo un cocchiere fustigare a sangue il proprio cavallo, inveisce furibondo contro l'uomo abbracciando e baciando l'animale. Caduto poi a terra in preda a spasmi, il filosofo comincia a dimenarsi e ad urlare a squarciagola d'essere il nuovo “Dioniso”, o quanto meno il nuovo “Signore di Torino”. Secondo altri, prima di svenire in preda alle convulsioni, rivolge al cavallo le parole “Richard, amico mio” (il riferimento è al compositore e amico del filosofo Richard Wagner).
E' il 3 gennaio del 1889 e l'episodio così raccontato, va detto, puzza molto di leggenda: non sono pochi i testimoni che dicono che Nietzsche si sia limitato a redarguire il malcapitato cocchiere e che, per questo motivo, sia stato ripreso dalla polizia municipale richiamata dagli schiamazzi e da un piccolo capannello di gente.
Ad di là di come si siano svolti effettivamente i fatti, è proprio in questo periodo che Nietzsche prende ad inviare, dalla sua camera in affitto, i cosiddetti “biglietti della follia”, deliranti lettere indirizzate a importanti personalità dell'epoca, e vergate dal filosofo come “Dioniso” o “ Il Crocifisso”. Ne indirizzerà anche una al Re d'Italia Umberto I di Savoia, suo coetaneo, chiamandolo “figlio mio” (secondo alcuni per via di una qualche vaga somiglianza fisica).
Ad ogni modo, pochi giorni dopo l'episodio del cavallo, Nietzsche lascerà definitivamente Torino con meta Basilea, per essere ricoverato in una clinica per malattie mentali. Alcuni attesteranno che, prima di salire sul treno, Nietzsche intonerà all'interno della stazione di Porta Nuova una barcarola veneziana e alcune canzoni napoletane, proclamandosi il nuovo Re d'Italia.
In via Carlo Alberto VI resta oggi una targa commemorativa a ricordo del soggiorno torinese del filosofo. L'effige recita: “In questa casa Federico Nietzsche conobbe la pienezza dello spirito che tenta l'ignoto, la volontà di dominio che suscita l’eroe. Qui, ad attestare l’alto destino e il genio, scrisse Ecce Homo, libro della sua vita. A ricordo delle ore creatrici […] nel primo centenario della nascita, la città di Torino pose, 15 ottobre 1944”.
E credo che sia questo il più bel ringraziamento che la città potesse fare a un uomo che ha scritto su di lei parole tanto sentite, e che la definisce tra le altre cose magnifica, dignitosa, carica di quiete aristocratica, “d'aria secca, energizzante e allegra”. Un città, insomma, in cui valeva la pena di vivere “sotto tutti gli aspetti”.