Economia e lavoro - 04 luglio 2018, 07:35

Torino strizza l'occhio alla motocicletta del mito: "Harley Davidson, vieni a produrre da noi"

L'appello è stato lanciato dal presidente dell'Unione Industriale, Dario Gallina: "Se sceglierà l'Europa, noi siamo la collocazione ideale per l'insediamento". Intanto l'ultima trimestrale mostra qualche incertezza

Il rombo è quello inconfondibile della due ruote per eccellenza, quella del mito. E Torino, come una fanciulla innamorata, strizza l'occhio: la Harley Davidson potrebbe scegliere il capoluogo piemontese per la sua nuova sede produttiva europea. O meglio: è questo l'invito che il presidente dell'Unione Industriale cittadina, Dario Gallina, ha fatto al ceo della multinazionale americana, Matthew S. Levatich.

Il colosso americano, con sede a Milwaukee, ha infatti recentemente affermato di voler spostare parte della propria produzione fuori dagli Usa, a seguito dei primi effetti delle politiche commerciali statunitensi. L’Unione Europea ha, infatti, recentemente aumentato del 25% le tasse per l’importazione di motocicli statunitensi, in risposta alla decisione di Donald Trump di far crescere le tariffe su acciaio e alluminio europei. Da qui, l'intuizione di Gallina che ha scritto una lettera a Levatich, suggerendogli di considerare il distretto industriale torinese come possibile sede della produzione Harley-Davidson destinata all’Europa, evidenziando la vocazione metalmeccanica e innovativa della nostra Città, la forte integrazione con i mercati europei, e la sua storica supply chain automotive, ideale per avviare una produzione. "I costi, rispetto agli USA, sono decisamente più competitivi - ha aggiunto nella missiva - e la nostra area è anche una valida piattaforma logistica per operare in Europa. Ci sono inoltre varie opportunità di insediamento in aree attrezzate con servizi e interessanti agevolazioni".

Intanto, i numeri dell'ultima indagine trimestrale raccontano di una situazione che - pur mantenendosi in territorio positivo - mostra qualche affanno. Nel comparto manifatturiero, il sondaggio di giugno registra un rallentamento dei principali indicatori, più marcato per le attese su produzione industriale, ordini ed export, più leggero per l’occupazione. Rimane buona la propensione agli investimenti in macchinari, mentre cala ulteriormente il ricorso alla CIG, ormai da mesi a livelli fisiologici, mentre rimangono stabili tempi di pagamento e tasso di utilizzo delle risorse. Sembra ridursi leggermente il divario tra piccole e medie imprese e tra esportatori e non esportatori. Le imprese con meno di 50 addetti esprimono valutazioni analoghe rispetto a quelle più grandi, mentre le più ottimiste sono le medie esportatrici, espressione del sostanziale equilibrio tra mercato interno ed estero.

Le indicazioni più favorevoli provengono dai comparti metalmeccanico e delle industrie manifatturiere varie. Bene anche materie plastiche e alimentari. Boom per l’edilizia che, per la prima volta in 5 anni, registra valori positivi; ovviamente per parlare di un’inversione di tendenza occorrerà attendere le prossime rilevazioni. "La fase di ripresa prosegue - commenta ancora Gallina - con produzione e ordini ancora in campo positivo, ma in rallentamento, mentre l’occupazione rimane sostanzialmente stabile. Di fronte a un panorama internazionale e italiano sempre più complesso, è lecito attendersi un raffreddamento del clima di fiducia. Minacce di protezionismo sempre più concrete, crescenti divisioni all’interno dell’Unione Europea, un quadro politico nazionale quanto mai incerto, giustificano una visione del futuro più cauta”.



Massimiliano Sciullo