Sanità - 18 settembre 2018, 11:00

L’inizio delle scuole e l’ansia da separazione

Quando l’ansia provata dal bambino diventa un campanello di allarme

Un certo livello di ansia all’idea o al momento in cui ci si separa dal caregiver è sana e fa parte del normale sviluppo dei bambini fino a circa 4 anni. Infatti, tutti i bimbi passano delle fasi intermedie in cui mostrare agitazione o protestare per evitare la separazione sono comportamenti considerati come passaggi evolutivi adeguati alla tappa che vivono. Questo è vero soprattutto se parliamo dei bimbi tra gli 8 e i 24 mesi di vita, in cui la fatica a separarsi emerge nel momento in cui il piccolo sta costruendo dentro sé un riferimento affettivo in grado di esistere anche quando il genitore è assente fisicamente, ma per poter richiamare questa immagine interna e sentirsi sicuri del suo ritorno, è necessario del tempo, di gradualità e di una certa dose di sperimentazione per consentirgli di prendere le giuste misure con questa distanza e riconoscere le sue crescenti capacità adattive al contesto e a figure diverse.

Diversamente, l’ansia provata dal bambino diventa un campanello di allarme quando la preoccupazione viene vissuta in modo eccessivo rispetto alla situazione, all’età e/o al tipo di timori che sollecita e mostrando, spesso, la difficoltà ad accedere ad un pensiero diverso, calmante, in grado di “ri-organizzare” il suo stato emotivo. Anche brevi episodi di allontanamento, come l’andare a scuola, andare a dormire o rimanere a casa quando il genitore va a fare la spesa, possono essere fonte di grande stress e sofferenza e il genitore può facilmente sentirsi “intrappolato” in uno schema che si ripete, senza che le rassicurazioni risultino efficaci.

Quando possiamo parlare di vero e propri disturbo d’ansia da separazione?

  • Eccessiva preoccupazione che accadere qualcosa di brutto ai genitori.

  • Eccessivo disagio nel momento in cui si prevede o si sperimenta la separazione.

  • Paura dei ladri, di essere rapiti, di avere un incidente, di essere ammalati.

  • Rifiuto di uscire da casa per andare a scuola.

  • Ripetuti incubi connessi alla separazione.

  • Paura di stare in casa da soli o senza mamma o papà.

  • Rifiuto di dormire da soli o di dormire lontano casa.

  • Ripetute lamentele di sintomi fisici come mal di testa, mal di stomaco, nausea.

  • Frequenti ritardi

  • Pianti e rifiuto di recarsi a scuola

  • Evitare di svolgere attività con i coetanei oltre l’orario scolastico

  • Bassa autostima in situazioni sociali e in ambito accademico

  • Lentezza nell’esecuzione dei compiti e basso rendimento scolastico

  • Frequenti domande e richieste di rassicurazione.


Il disturbo d’ansia da separazione interferisce nello svolgimento delle normali attività: può condurre al rifiuto per la scuola, in alcuni casi con conseguenti difficoltà scolastiche e progressivo isolamento sociale; può spingere il bambino a mostrare ritiro sociale, apatia, umore depresso e/o difficoltà nel concentrarsi se ci si allontana da casa o ci si separa dai genitori.

Cosa può fare quindi un genitore per aiutare il proprio bambino?

  1. Raccontargli come è organizzata la giornata, renderla prevedibile, in modo che la separazione non si accompagni ad uno scenario di “fine catastrofica”, ma sia piuttosto un passaggio verso qualcosa che conosce e sente sotto il suo controllo;

  2. Chiamate l’ansia con il suo nome e spiegate cos’è e, con parole semplici e in modo lineare, in modo che impari a riconoscere che questa “sensazione” ha un inizio e una fine, capita in alcune circostanze o quando pensiamo a certe cose;

  3. Raccontate perché ci si sente così, cercando di “normalizzare” quello stato emotivo e mostrando come in alcuni casi sia fisiologico spaventarsi o piangere per provare a proteggersi;

  4. Non sminuite il significato o la dimostrazione, ne deriverebbe un’immagine di sé fallimentare, piuttosto date spazio al suo racconto e valore alle sue emozioni;

  5. Cercate di prevedere le “situazioni stimolo”, questo vi consentirà di agire in anticipo rintracciando delle strategie o costruendo dei piccoli rituali utili;

  6. Proponete delle alternative tra cui possa scegliere: lo schema della giornata può essere costruito insieme al bambino, considerando – laddove possibile – delle alternative tra cui poi sia lui a scegliere.

In generale, è però fondamentale ricordare che ogni bambino è un mondo a sé, con bisogni unici e tempistiche diverse e che queste richiedono una gradualità che deve potersi fondare su “chi è quel bambino”. Gli adulti intorno sono fondamentali per sostenere questo processo, facendo in modo che il contesto che lo accoglie possa essere un terreno facilitante rispetto alle sue capacità di quel momento del suo sviluppo.

Gaia de Campora, PhD

www.gaiadecampora.com


Psicologa e Consulente per la famiglia

Professore a contratto, Università di Torino

Prenatal Tutor e Operatore di Training Autogeno

Responsabile Sezione ANEP di Torino, The Family Club






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