“Dove sei? Vieni qua!” urlava al culmine della rabbia il tesoriere del Re, passando da una stanza all'altra della sua ricca dimora.
Era fuori di sé dalla rabbia. Aveva svolto il suo lavoro fedelmente per dieci anni e ora veniva accusato di furto. “Un ladro? Lui? Ma come si permettevano?” Tutto ciò che aveva preso, tutto il denaro che aveva sottratto gli apparteneva. Di diritto. Lui lavorava duramente. Lui meritava una giusta ricompensa. Ecco cos'era: solo una ricompensa, non un furto.
Ma, evidentemente, quel “bamboccio del Re” era stato malconsigliato. Qualche invidioso gliel'aveva messo contro e ora lui, il tesoriere, rischiava di perdere ogni cosa. “Confisca di tutti i suoi beni” diceva l’ordine reale. Tutti i suoi beni. Compresa la sua dimora, la splendida villa nel parco.
“Dove sei? Vieni qua!” le guardie bussavano alle porte ma lui non aveva tempo di rispondere, doveva cercare lei. Josephine, la sua amata. Gli avrebbero tolto tutto ma non lei. “Tu verrai con me!” le aveva urlato e lei aveva scorto nello sguardo di lui l'inizio della follia e, per questo, era corsa a nascondersi.
“Dove sei???” urlava il tesoriere al colmo di una pazza rabbia.
“Aprite! Aprite!” gridavano le guardie sbattendo i pugni contro il portone, “Aprite! Aprite!”.
Josephine, invece, senza emettere neanche un fiato trovava rifugio all'interno di un armadio.
“Dove sei????” cercava in ogni angolo della villa.
“Aprite! Aprite!”
“Vieni fuori sgualdrina!”
“Aprite! Aprite!”
“Tu verrai con me!”
“Aprite! Aprite!”
“AAAAAAAAAHHHH!” Un grido di donna fu seguito da un trambusto e una richiesta d'aiuto, prima forte, acuta e poi sempre più flebile. Una risata senz’anima. Infine il silenzio.
Ci vollero interminabili minuti perché le guardie riuscissero a buttare giù il portone a spallate. Una volta dentro, corsero per tutta la villa alla ricerca del tesoriere e della donna. Dopo poco, "Capitano venga qui!" chiamò un giovane cadetto. Il capitano entrò nel salone e trovò il ragazzo in piedi di fronte al camino, era pallido come un morto.
Sotto la cappa facevano bella mostra di sé i resti sfigurati del corpo del tesoriere. Sul viso annerito s’intuiva ancora lo sguardo da folle e la piega di un sorriso maligno. Aveva preferito darsi fuoco e giacere per sempre nella villa, piuttosto che piegarsi al volere del Re. Ma della sua amante che ne aveva fatto?
La villa venne messa a soqquadro, le guardie cercarono ovunque, ma di Josephine non trovarono traccia. Rapidamente la notizia dell’accaduto si sparse per tutta Torino. C’era chi cullava la flebile speranza che la donna fosse riuscita a fuggire, ma i più la immaginavano risucchiata da quelle stesse mura maledette. Il suo corpo nascosto chissà dove da quel pazzo che diceva d’amarla.
Sono passati secoli da quella tragedia. La Tesoriera ora è un elegante parco aperto al pubblico. Di giorno pensionati, bambini e cani la fanno da padroni, riempiendo l'aria di chiacchiere e risate cristalline. Di notte, invece, quando i cancelli del parco si chiudono, una nebbia fitta sale, l'aria si fa gelida e i profili di due distinte figure prendono forma. Un nobile vestito di nero in groppa a un cavallo altrettanto scuro. Il tesoriere. Una donna dai lunghi capelli e una veste candida come la neve. Josephine. Lui la insegue da secoli e lei continua a scappare e a nascondersi, in attesa che le loro anime abbiano pace, il Divino decida, lei salga in cielo e lui, com'è giusto, bruci all'inferno, per l'eternità.
Il Parco della Tesoriera, nonostante il suo pacifico aspetto, è detto anche “Del diavolo” a causa di questa cupa storia a cui fece da sfondo. Non si sa quanto ci sia di vero e quanto d’inventato, fatto sta che il corpo dell’amante del tesoriere non fu mai trovato e il dubbio sulla sua fine permane.