Una “ragionata provocazione contro quella rete mafiosa, trasversale e onnipresente, che vorrebbe sconfitta la coscienza collettiva, la capacità di capire e reagire”: così le autrici Giulia Minoli ed Emanuela Giordano presentano lo spettacolo Dieci storie proprio così - terzo atto, coprodotto da Teatro di Roma, Teatro Stabile di Napoli, Emilia Romagna Teatro e Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani Onlus.
In scena oggi e domani alla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani di Torino (corso Galileo Ferraris 266), l’opera è il frutto di un lungo lavoro iniziato nel 2012 sulla memoria di chi ha combattuto la mafia, spesso anche rimettendoci la vita. Da quel momento è stato un continuo viaggiare su e giù per l’Italia, approfondendo la lotta alla criminalità organizzata con il supporto di università e testimoni diretti.
Le storie raccolte e le persone incontrate sono state molte, oltre cinquanta. “Ci hanno permesso di accrescere la nostra consapevolezza”, spiegano Minoli e Giordano. “Per questa ragione abbiamo deciso di concentrarci sul presente, su ciò che accade ora e su quello che ognuno di noi può realmente fare, assumendoci la responsabilità di un cambiamento faticoso, difficile ma irrinunciabile. Abbiamo approfondito il tema della scelta. La criminalità organizzata si sta appropriando della nostra economia e noi non ce ne siamo accorti? È una forma di distrazione di massa o siamo complici?”.
Nel lavoro di drammaturgia è stato tracciato il profilo di personaggi collusi, grazie ai quali le mafie hanno potuto infiltrarsi in tutti i settori dell'economia. Per contro, sono emersi con forza i caratteri di chi ha imposto il proprio no in nome della giustizia, denunciando, rischiando e indicando alternative al degrado. Applicando una scelta, appunto.
Lo spettacolo porta così in scena i protagonisti di un’Italia poco nota: il sindaco che combatte le logiche mafiose che intossicano la sua città, il commercialista che contrasta il rapporto tra aziende e denaro sporco, il giornalista, il collaboratore di giustizia, il testimone.
“Vogliamo farvi conoscere le strategie di impegno di un gruppo di liceali, la sfida di alcuni imprenditori, vogliamo mostrarvi un'Italia viva: aziende, università, comunità che ci propongono un modo diverso di concepire le risorse economiche, gli spazi comuni, la nostra stessa esistenza”.
Ogni rappresentazione sarà seguita da un dibattito insieme ai protagonisti dello spettacolo e ad alcuni cittadini che si sono impegnati, e continuano a farlo quotidianamente, per la legalità.
Questa mattina interverranno Paola Caccia, figlia del procuratore Bruno Caccia, Maria José Fava, referente di Libera Piemonte, e l'ideatrice del progetto Giulia Minoli. Domani, 19 febbraio, Gabriella Augusta Maria Leone, sindaco di Leinì.
Il palcoscenico della legalità è un progetto sperimentale di collaborazione tra teatri, istituti penitenziari minorili, scuole, università e società civile. Sono coinvolte le maggiori stituzioni teatrali d’Italia, le associazioni impegnate nell’antimafia e quelle che lavorano per il riutilizzo sociale dei beni confiscati.
Il progetto nasce nella sua prima forma di spettacolo, Dieci storie proprio così, dall’incontro con decine di familiari di vittime innocenti di mafia, camorra, criminalità e con i responsabili di cooperative e associazioni che sulle terre confiscate alla mafia hanno costruito speranze, lavoro, accoglienza, idee. Lo spettacolo, in seguito a questo primo traguardo, è diventato strumento di riflessione sul come strutturare un rapporto continuativo e di scambio benefico tra istituzioni pubbliche e private perché insieme si apprenda un nuovo alfabeto civile.
Da allora nelle scuole sono stati attivati laboratori propedeutici alla visione dello spettacolo, con più di 48.000 studenti coinvolti in dieci regioni italiane. Anche in molti istituti di Torino e provincia, gli studenti sono stati sensibilizzati sul teme dell'educazione alla legalità, ragionando su cosa accade se l'interesse privato diventa l’unica forma di coesistenza umana, e quali sono le alternative a questa scelta.