L’indole violenta non è (sempre) sinonimo di disagio sociale. Spesso le due condizioni vanno di pari passo, se si collegano gli abusi domestici alla forte povertà educativa ed economica che attanaglia un nucleo familiare. Ma la poliedricità dei quartieri di Torino permette di indagare il fenomeno della violenza di genere da diversi punti di vista, rilevando differenze sostanziali nei soggetti coinvolti.
Lo illustrano bene alcuni degli sportelli attivi sul territorio, che forniscono sostegno psicologico e consulenza legale alle donne maltrattate, accompagnandole nel percorso di consapevolezza del sopruso ed eventuale successiva denuncia. Non senza difficoltà o “blocchi” da parte delle vittime, timorose delle ripercussioni o ancora inconsapevoli della situazione di allarme.
“Qui la partecipazione continua a essere scarsa”, racconta l’avvocato Katia Lava dell’associazione Amaryllis, che opera da un paio d’anni a Mirafiori Sud e San Salvario nelle due rispettive Case del Quartiere. “Le consulenze riguardano soprattutto la classica violenza domestica, fisica o psicologica. Abbiamo anche trattato un caso di induzione alla prostituzione con una ragazza molto giovane. Mentre l’età media delle donne, in generale, si aggira tra i 30 e i 40 anni, e sono per lo più italiane in condizioni economiche disagiate”. Inserita all’interno del coordinamento cittadino assieme ad altre associazioni che si occupano di violenza, Amaryllis sta promuovendo una capillare attività di sensibilizzazione nelle scuole, dove le operatrici vanno a parlare ai ragazzi dei diritti delle donne, stereotipi diffusi e violenza assistita.
Un’analoga campagna di informazione è portata avanti da L’Altra Riva, Onlus insediata da qualche mese a San Salvario, presso lo spazio “CuQù” (via Saluzzo 30), che ha attivato colloqui e incontri per entrambi i sessi in tutte le lingue. “Ci siamo ancora ambientando e il lavoro è da consolidare – racconta Carla Pulvirenti –, ma cresce sempre di più la collaborazione con le forze dell’ordine e la parrocchia del quartiere. Facciamo sempre fatica ad attirare le donne nel nostro sportello, perché, trattando principalmente con le straniere, la coercizione di cui sono vittime le inibisce moltissimo. Qui il problema principale è la mancanza di lavoro e, quindi, di indipendenza economica”.
Le donne che arrivano all’Altra Riva si lasciano alle spalle la fuga dal proprio Paese e necessitano, oltre al sostegno psicologico, anche di un orientamento concreto nel quartiere, dai servizi sociali all’apprendimento dell’italiano. “Intanto – prosegue Carla – aumenteremo il numero di scuole coinvolte nel nostro progetto di sensibilizzazione. Quest’anno abbiamo incontrato 35 nuove classi”.
Si sale di “livello”, invece, guardando ai casi raccolti dallo sportello “Donne Invisibili” della Cascina Roccafranca (via Rubino 45). “Qui il bacino d’utenza è piuttosto elevato – racconta Marta Dassano, civilista, che gestisce le consulenze con la penalista Giuseppina Paragano –, e stiamo mandando avanti quattro casi. Il livello socio-culturale è alto, le famiglie vivono una buona condizione lavorativa ed economica. Gli uomini con un percorso di studi o professionale ben solido alle spalle tendono a essere più subdoli e manipolatori. La violenza psicologica che esercitano sulle compagne si avvale di strategie mirate, perverse. Possono apparire insospettabili, ma in un certo senso nascondono una doppia personalità. L’uomo invee fisicamente violento, con un minor grado di istruzione, lo riconosci subito”.
L’età media, anche qui, va dai 30 ai 50, ma non sono mancati due casi di over 65, per le quali, in caso di separazione dopo una vita passata accanto al marito, le possibilità di autosostentamento si riducono drasticamente. “Quando arrivano qui, le donne sono disperate – continua Marta –. Lo avvertono se succede qualcosa di eccessivo, che supera il limite. Ma spesso, se i partner ridimensionano il proprio atteggiamento e si mostrano improvvisamente mansueti, le vittime tornano da loro, e il ciclo ricomincia. La domanda che più frequentemente ci rivolgono è: ma come ho fatto a vivere accanto a questa persona per tanti anni senza accorgermi di nulla?”.