Economia e lavoro - 29 aprile 2019, 16:32

La verità di Pittavino: "L'Università di Torino mi ha dimostrato ostilità fin dall'inizio"

Il tecnico licenziato lo scorso 12 aprile attacca l'ateneo per l'applicazione dell'articolo 13 del Contratto Nazionale del pubblico impiego. La solidarietà di docenti, studenti e sindacati di base

 

Dopo la sospensione dal servizio dello scorso dicembre, due settimane fa per Pier Paolo Pittavino è arrivato il licenziamento. Il tecnico informatico del dipartimento di fisica dell'Università degli Studi di Torino, condannato in primo grado a 3 anni e 6 mesi per un attacco al cantiere del tav di Chiomonte risalente al 2015, dal cortile del Rettorato di Via Po 15 ha ricostruito la vicenda e ribadito le proprie posizioni: “L'attenzione dell'Università nei miei confronti – ha dichiarato – risale a ben prima della condanna in primo grado, con continue richieste di informazioni al tribunale in merito alle date delle mie udienze. In più, dopo la sospensione, alla mia domanda di accesso agli atti ci sono state omissioni sbloccate solo dagli articoli usciti sui giornali, oltre all'immediata disattivazione del mio account e alla mia cancellazione dalla rubrica: evidentemente un dipendente dell'Università non può manifestare le proprie idee”.

A far discutere è l'articolo 13 del contratto nazionale per il pubblico impiego, firmato ad aprile 2018 (e scaduto il 31 dicembre, ndr) dopo nove anni di attesa: “La norma - ha proseguito Pittavino – si rifà alla legge Severino, che stabilisce i reati che determinano l'incandidabilità alle elezioni regionali. Nel mio caso la sua applicazione è assurda perché non sono stato condannato per nessuno dei reati previsti, anzi, sono stato addirittura assolto senza ricorsi dall'accusa di trasporto di materiale esplodente; nel prossimo contratto bisognerà assolutamente eliminare questo articolo”.

Pittavino ha ricevuto la solidarietà di studenti e docenti, tra cui l'associato di diritto costituzionale Alessandra Algostino e l'ordinario di diritto privato Ugo Mattei, che dal cortile di Via Po 15 hanno attaccato l'Università per l'applicazione in chiave repressiva del CCNL: “Questa – ha spiegato la prima – è una norma che non rispetta principi fondamentali della Costituzione come quelli di ragionevolezza e di non colpevolezza. L'Università, che dovrebbe essere luogo di democrazia ed espressione del conflitto e del dissenso, preferisce reprimere le scelte politiche anziché difendere il lavoro di un proprio dipendente”. “Pier Paolo – ha aggiunto il secondo – ha subito un'ingiustizia gravissima, nel diritto l'atto dovuto non esiste, bensì esiste l'interpretazione: stiamo assistendo alla sostituzione degli uomini con le macchine attraverso una norma sciagurata che, utilizzando i principi del diritto, esclude chi dissente”.

Presenti anche i sindacati di base: “La pubblica amministrazione – ha dichiarato Natale Alfonso del Cub – è piena di disparità di trattamento dove condannati per reati ben più gravi vengono lasciati al loro posto. Sosterremo Pier Paolo in tutte le sedi, anche negando il sostegno ai sindacati responsabili della firma sul contratto e, di conseguenza, del suo licenziamento”. “In questo modo - ha aggiunto Paolo Barisone di USB – vengono applicati al pubblico impiego gli stessi principi di Marchionne: o firmi o sei fuori”. “La mobilitazione – ha concluso Pino Iaria dei Cobas – deve partire dai posti di lavoro, occorre risvegliare gli animi”.

 

Marco Berton