Dopo 31 anni di epoca Heisei, o della Pace Raggiunta, il Giappone inaugura il primo maggio l'anno uno dell'era Reiwa, o della Meravigliosa Armonia.
L'imperatore Akihito si ritira a vita privata, lasciando nelle mani del figlio primogenito Naruhito il compito di portare avanti il trono del Crisantemo.
Qual è effettivamente il ruolo della famiglia imperiale ai nostri giorni?
Si tratta di un sistema obsoleto o è ancora vissuto da parte dei cittadini come simbolo unificante?
Il 126mo imperatore del Giappone, Naruhito, e la consorte principessa Masako porteranno novità all'interno di un sistema rigido e controllato?
Della famiglia imperiale giapponese si conosce molto poco, differentemente da quanto invece succede per i reali britannici di cui si scrive e si dibatte largamente. Ciò che accade all'interno del Palazzo Imperiale di Tokyo, dei compiti dell'imperatore e della consorte, delle loro biografie, di quali siano i loro i interessi e di quanto sia il loro effettivo potere, rimangono domande con poche risposte, dentro e fuori il Giappone.
Venerdì 3 maggio alle 18 la giornalista Fabiola Palmeri parlerà di questo e di molto ancora, ci guiderà alla comprensione di questo mondo dialogando e alternandosi con lo storico Giorgio Donetti per offrire al pubblico del MAO gli strumenti necessari andando ad indagare il mito e le fonti letterarie.
Il termine imperatore per indicare il tenno, sovrano celeste, è fuorviante. Imperatore è un vocabolo che sottintende potere e governo mentre tenno esprime più un valore religioso che temporale. Il sovrano giapponese, erede di precedenti tradizioni, discende direttamente dalla dea del sole, Amaterasu, che è al vertice delle divinità scintoiste; ha un contenuto sciamanico, agisce da pontefice tra il mondo e le divinità, gli spiriti superiori. In quanto tale, la persona sul trono, grazie alla sua discendenza dinastica, rappresenta l’unità, la continuità e la superiorità nazionale. Lo Status di appartenenza è esclusivo e inamovibile, a prescindere di chi governi realmente.
Questa tradizione dalla storia bimillenaria si è interrotta il 1 gennaio 1946 quando l’imperatore Hirohito ha rinunciato alla rivendicazione che attribuisce agli imperatori una discendenza divina.
I giornali dell’epoca commentarono il fatto con titoli cubitali: “l’imperatore che è un dio dice di non essere più un dio, poiché alla Parola di un dio bisogna credere, da oggi l’imperatore non è più un dio”. A dire il vero alcuni studiosi concordano che i vocaboli usati nel testo della rinuncia non chiariscano del tutto la situazione. Il termine usato significa che egli non è più un dio manifesto e rimane però sempre un dio vivente, estensione nel tempo della dea del sole Amaterasu.
La rinuncia fu uno shock per la società giapponese, la base fondante della nazione veniva a mancare, nuovi valori dovevano essere trovati.
Il popolo ha superato il momento trasferendo il suo spirito nazionale nella nazione stessa e nel nuovo ruolo imperiale che della stessa è simbolo di continuità.