Era piena la Sala Colonne del Comune di Torino nella serata di ieri. Non per una conferenza stampa, ma per rivivere, insieme, una notte che, chi c'era quel 29 maggio 1985, non potrà più dimenticare.
La tragedia dell'Heysel è stata una delle pagine più buie e nefaste della storia del calcio. 39 vittime innocenti della follia degli hoolingans inglesi nella curva Z dello stadio di Bruxelles, prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juve e Liverpool. Beppe Franzo con la sua associazione "Quelli...di via Filadelfia" ha voluto organizzare una serata per tenere vita la memoria di quel dramma nei confronti delle giovani generazioni. Perché solo non dimenticando si potrà evitare che una sciagura del genere possa ripetersi.
La serata inizia con la proiezione di un video, immagini in super 8 dai colori sbiaditi, che riportano le lancette a quel pomeriggio di 34 anni prima. “Ricordare per non dimenticare”, sottolinea Franzo nella sua introduzione, dopo i ringraziamenti di rito. “E’ ora di finirla, da parte delle altre tifoserie, pensando di attaccare la Juve tirare in ballo quelle vittime. Troppe volte si sono visti striscioni con scritto -39: per questo noi abbiamo deciso di scrivere +39, come è il prefisso per chiamare l’Italia, perché quelle persone, prima che tifosi bianconeri, erano cittadini italiani”.
Per fortuna, Franzo fa notare che ci sono stati segnali incoraggianti, di segno diverso, in questi ultimi anni, citando il progetto bianconerogranata e i 70 angeli, per accomunare la tragedia di Superga a quella dell’Heysel, cita in questo senso l’impegno dei taxisti torinesi. “Speriamo che in futuro non siano più necessarie manifestazioni come queste, perché vorrà dire che i morti sono condivisi da tutti, senza colori e distinzioni”.
Quindi la parola passa a Emilio Targia, che rilegge molte pagine del suo libro “Quella notte all’Heysel”, facendo venire i brividi. Partendo dalla gioia dell’arrivo prima a Bruxelles e poi allo stadio, prima che attorno alle ore 19, guardando dalla curva opposta, si trovò a vivere in presa diretta il dramma, assistendo a “quell’onda rossa anomala che travolse tutto nel settore Z”, prima di vederne crollare una parte. Poi le prime notizie che arrivavano, parlando di alcuni feriti, quindi di 7 morti, successivamente di 21. La voglia di scappare via, quella voce di capitan Scirea che fece un appello in cui invitava alla calma e diceva “giochiamo per voi”, che servì a restituire un po’ di calma, quando tutti erano in preda alla paura e allo spavento.
E dopo il frastuono di quella sera, con le urla e le grida di dolore, con le cariche della polizia, gli elicotteri, il rumore delle ambulanze, mentre alle 21.42 iniziava una partita fantasma, il giorno dopo Targia ricorda di essere tornato allo stadio con in mano un mazzo di margherite che, riuscendo a passare in mezzo a poliziotti e agenti, andò a depositare in quello che restava della curva Z: “Era il sogno spogliato, violentato: salendo e poi scendendo dai gradini, feci attenzione a non calpestare nulla in quello che era diventato un campo di battaglia”. Solo un calcio, alla fine, ad un pezzo di muro che era finito tra i suoi piedi.
Poi vengono citati i nomi delle 39 vittime, prima che un lunghissimo applauso e poi un minuto di silenzio accompagnino alla fine di una serata vissuta col groppo in gola. “Innaffiare le radici della memoria per non dimenticare”, conclude Beppe Franzo. Perché chi ha vissuto l’Heysel lo porterà dentro per tutta la vita.