"Amsterdam o Parigi, conta poco. Conta capire il futuro e la destinazione degli stabilimenti torinesi, perché questo coincide con il tema dell'occupazione sul nostro territorio". Così, il presidente della Camera di Commercio Vincenzo Ilotte, commenta i nuovi possibili scenari che si stanno accavallando attorno ai promessi sposi Fca e Renault.
Di recente, infatti, proprio il governo francese sarebbe intervenuto in prima persona sulla possibile fusione dei due gruppi automobilistici, chiedendo direttamente a John Elkann, numero uno di Exor e di Fca, di portare proprio nella città della Tour Eiffel la sede del nuovo gruppo che nascerà.
Una prospettiva che non ha certo scatenato entusiasmi da questa parte delle Alpi (dove peraltro il governo è ancora a lettera morta, sul tema Fca, così come in tante occasioni del passato più o meno recente, nonostante le sollecitazioni arrivate dai sindacati in primis), ma che il presidente camerale vuole prendere con le molle. Anche alla luce del fatto che, già adesso, Fiat Chrysler ha la sua sede in Olanda, ad Amsterdam. E quel che resta a Torino è solo qualche vestigia del passato glorioso, ma nessuna stanza dei bottoni. "Ciò che conta - prosegue Ilotte - è tenere sul territorio la capacità di sviluppo dei marchi premium e non solo quelli. Sarebbe bello che il governo italiano approfittasse di questa fusione per creare le condizioni perché il nostro Paese diventasse maggiormente attrattivo per le multinazionali”.
E proprio dai sindacati non si sono fatte attendere reazioni. "Il valore di FCA è superiore a Renault e mi pare chiara la preponderanza FCA - dice Claudio Chiarle, segretario di Fim-Cisl per Torino e provincia -: non credo che i manager nostrani, da Manley a Elkann, siano così “sciocchi” da farsi turlupinare, eppure sembra che sul tema della sede prevalga il male italiano del gioire se FCA subisce anziché acquisire". Le cifre elaborate da Fim vanno in questa direzione: a livello di auto vendure, Renault è a quota 3,9 milioni, mentre FCA ne registra 4,8. Sul fronte fatturato, ai 57 miliardi di Renault Fca ne oppone 110, con l'utile che se sul versante francese recita 3,4 miliardi (di cui 1,5 Nissan), per Fca ne conta 5, di miliardi. Infine, il valore in borsa: 15 miliardi per Renault, 18 per FCA.
E Chiarle aggiunge: "Hanno dichiarato che gli stabilimenti italiani non sono a rischio, anzi potranno crescere e sono molti i vantaggi sul fronte del nostro Paese: avere nuovi mercati soprattutto per modelli di alta gamma, accelerare la produzione dell'elettrico e ibrido senza impattare sui costi, oltre al fatto che non ci sono significative sovrapposizioni di modelli e si potrà fare sinergie sulle piattaforme per il futuro". "Per la collocazione della sede - conclude - mi pare l’ennesimo grido di allarme per creare paure e polveroni insensati. Chi ha paura che la sede sia in Francia quindi accetta che la sede sia in Olanda come già dichiarato? Oppure la sede è l’ennesima situazione in cui si fa polemiche senza costrutto?".
Da parte di Fiom Cgil, invece, i timori sono un po più forti. E per voce del segretario torinese Edi Lazzi l'attenzione è rivolta a Roma "Come c'era da aspettarsi il governo francese si è attivato immediatamente e preventivamente al perfezionamento dell'eventuale accordo tra Fca e Renault, chiedendo garanzie precise quali l'impegno a non fare tagli occupazionali in Francia, la presenza nel CdA del governo francese e il centro operativo a Parigi. Noi pensiamo che non si possano mettere in contrapposizione i lavoratori francesi e quelli italiani, bisognerebbe invece attivare immediatamente un tavolo di confronto con i due gruppi industriali, i due governi e le organizzazioni sindacali per ricercare insieme soluzioni e garanzie per tutte le lavoratrici e i lavoratori. Certo è che il nostro governo dovrebbe essere più attento e attivo su questa vicenda, anche perché in questi mesi si gioca una partita sull'automotive il cui esito avrà forti ripercussioni sul ridimensionamento del settore nel nostro Paese". "Sarebbe quindi utile - conclude Lazzi - effettuare subito almeno un incontro tra governo e sindacati italiani. Localmente, come già detto, appena si insedierà la nuova giunta regionale chiederemo un incontro per illustrare le nostre preoccupazioni e stabilire iniziative di intervento".
Chiama in causa il governo anche Dario Basso, segretario provinciale Uilm. "Mai come oggi, il governo italiano dovrebbe battere un colpo. I francesi sono nazionalisti e si sono già mossi, anche se non credo possano venire qui a dettare le condizioni a Exor. In ogni caso, benché in un contesto di mercato europeo, speriamo davvero che l'esecutivo italiano faccia qualcosa a difesa dell'Italia. Altrimenti continueremo a essere in balia dei gruppi stranieri che vengono a far shopping qui e poi se ne vanno, come dimostra di nuovo il recente caso WhirlPool".
Domani il sindacato Fismic Confsal riunisce i quadri sindacali del Nord Italia presso Polisportiva La Concordia – Via Frejus 36 Torino. Il segretario generale Roberto Di Maulo interviene alle ore 10, parlerà della fusione Fca-Renault e spiegherà le motivazioni dello sciopero il 14 giugno per il quale sono state organizzate dalla Fismic due manifestazioni nazionali nelle piazze di Torino e Melfi.
"Fca si appresta a una unione con il gruppo automobilisti Renault. Il governo francese chiede la sede operativa a Parigi, un membro del governo francese nel CDA e garanzie sui dividendi. Invece i nazionalisti italiani? Qualcuno li ha sentiti parlare?", si chiede invece Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana). "Che ne sarà dei nostri lavoratori, presi in giro da anni di annunci e chiacchiere? Nulla. Vedono il pericolo solo se si tratta di immigrazione. Ma quando si tratta di multinazionali, stanno zitti e muti".
"Grave l’affermazione attribuita al Ministero francese che pretenderebbe la sede a Parigi e dividendi straordinari - dichiara invece a deputata torinese del M5S in Commissione Lavoro, Jessica Costanzo - Questi toni non sono adeguati. Il Governo francese sembra sul piede di guerra per quella che è un'operazione che deve tener conto degli interessi dei lavoratori italiani e del nostro Paese".