Era esattamente un anno fa, quando si aprivano spiragli di speranza per Palazzo Nervi (meglio conosciuto come Palazzo del Lavoro), uno dei capolavori architettonici della città di Torino realizzato in occasione di Italia '61.
E invece, oggi, continua a essere un (pessimo) biglietto da visita per chi arriva in città con le autostrade da Sud o una triste cartolina di addio per chi esce dal capoluogo piemontese e se lo lascia scorrere alle spalle, lungo corso Unità d'Italia.
Un vero rompicapo, che sembra non avere soluzione. Da tempo risuona alto l'allarme per il degrado che colpisce questo gioiello ormai nascosto dalle macerie e dalla vegetazione che ha preso il sopravvento. Un'eredità scomoda, cui il Comune di Torino ha cercato (e sta cercando) di restituire l'antico splendore, in primis con l'impegno del vicesindaco Guido Montanari (oggi nell'occhio del ciclone, ma per altri motivi). Un futuro che sembrava dovesse passare per una riconversione commerciale, ma che ha nuovamente conosciuto stop imprevisti. Un nuovo impulso, è la speranza di amministrazione e cittadinanza, potrebbe arrivare dalle opere di riqualificazione di tutto l'asse del Po, in un futuro non troppo lontano.
Ma intanto, anche per questa estate, lo spettacolo che i turisti in arrivo o i torinesi in partenza dovranno osservare è desolante.
Compiendo un giro a piedi tutto intorno alla cancellata dell'enorme edificio, l'impressione richiama un po' quella che ora domina sul piccolo schermo con la serie di Chernobyl. Qui, fortunatamente, di contaminazione nucleare nemmeno l'ombra, ma l'effetto della "fuga" dell'uomo da queste mura è evidente.
Ruggine, vetri spaccati, macerie. Ma soprattutto i segni ancora evidenti degli incendi che interessarono la struttura nell'ormai lontano 2015. Si possono osservare con comodità proprio lungo lo spigolo che veglia su corso Unità d'Italia, in corrispondenza con la rotonda che conduce all'autostrada. E poi alberi, piante, erba fuori controllo. Proprio come nelle strade della città che - in Ucraina - fu abbandonata in fretta e furia ed è tornata dominio assoluto e incontrastato della natura.
L'ingresso è rigorosamente vietato, sbarrato e lucchettato. I cartelli sono ovunque, inequivocabili: dal divieto di accesso ai segnali di pericolo (e non ci va molto a immaginare il perché). Lasciano spazio a un sorriso quelli di "attenti al cane", perché se davvero ci fossero ancora dei quadrupedi da guardia, all'interno, si troverebbero allo stato brado. In alcune zone dove la cancellata è più vulnerabile, alcune forzature sembrano lasciare spazio al passaggio di disperati in cerca di un riparo dal freddo e dalla notte. E le tante lattine di birra abbandonate tra gli alberi ne sono la testimonianza inequivocabile. Mentre attraverso le vetrate spaccate si intravede l'ultimo bagliore della bellezza che fu, con le colonne e le arcate eleganti e leggere che l'ingegner Pier Luigi Nervi immaginò per la grande vetrina internazionale degli anni Sessanta del secolo scorso.
Sempre nel giardino, anche l'insegna - ormai distrutta - di un vecchio locale "disco latino". Un pallone bucato (sfuggito forse oltre il cancello a qualche bimbo troppo entusiasta) e rumori di animali che si muovono ormai in quello che è il loro regno, incontrastato.
Sul lato Nord della struttura, le aste delle bandiere sono ormai arrugginite e spoglie, mentre i cartelli che descrivevano la storia di Palazzo Nervi, su via Ventimiglia, sono illeggibili e rovinate in maniera irrecuperabile.
Unici segnali di cura, nei dintorni, sono il prato tagliato (all'esterno della cancellata di recinzione) lungo gli assi di corso Unità d'Italia e all'interno, verso il Laghetto di Italia '61. Lì dove l'acqua è ancora presente e riflette lo scheletro della monorotaia che fu (e della sua "Stazione Sud", come riporta anche la scritta, perfettamente leggibile). A pochi passi, arrivano i rumori giocosi dei bimbi dell'asilo che porta il nome del Laghetto. Loro, la bellezza di Palazzo Nervi, non l'hanno mai conosciuta e se guardano attraverso le sbarre dei cancelli ne possono intuire solo quel che ne rimane. Con la speranza, presto, di poterla vedere rinascere.
"Dagli ultimi incontri con il vicesindaco alla casa del quartiere - conferma Davide Ricca, presidente della Circoscrizione 8 - abbiamo avuto conferma che, con il ritiro degli ultimi investitori, il progetto di rilancio è fermo, al momento. Non ci sono messe date altre possibilità, sul tavolo, vedremo. Certo, come Circoscrizione, non eravamo pregiudizialmente contrari all'ipotesi del centro commerciale, anche con una cubatura ridotta, soprattutto alla luce di oneri di urbanizzazione che avrebbero permesso di riqualificare l'intera area della città, da rotonda Maroncelli a via Ventimiglia e non solo".