Attualità - 05 ottobre 2019, 16:38

Pepino, la quinta generazione di una storia iniziata a fine Ottocento [FOTO]

Edoardo Cavagnino, pronipote di Giuseppe, che rilevò nel 1916 l'attività dal fondatore Domenico Pepino, arrivato da Napoli per aprire una gelateria che ha fatto storia: "È un'impresa, ma anche una responsabilità verso prodotti che i torinesi amano"

È affacciata su uno dei salotti buoni di Torino a partire dalla fine dell'Ottocento. E da quel tempo (il 1884 per l'esattezza) è custode di una tradizione fatta di gusto, ma anche di storia. Oggi la Gelati Pepino è nelle mani di Edoardo Cavagnino, esponente della quinta generazione della famiglia che ha portato avanti l'intuizione che ebbe Domenico Pepino, emigrato da Napoli con l'arte nelle mani e la fantasia nel cuore. E che con Giuseppe Cavagnino rilevò nel 1916 un'attività molto avviata, già fornitrice di casa Reale e protagonista dell'Expo. Il tutto per diecimila lire dell'epoca.

Tanti i successi, l'affetto dei torinesi doc, ma anche primati veri e propri come il brevetto che, dal 1939, abbina al nome Pepino il gelato da passeggio per eccellenza: il Pinguino, ricoperto al cioccolato fatto apposta per non gocciolare durante la degustazione.

Seduto ai tavolini di piazza Carignano, è proprio Edoardo Cavagnino a raccontare una storia declinata al futuro. Una storia che ha rappresentato la tappa conclusiva del Craft Valley tour, giro tra le eccellenze imprenditoriali torinesi organizzato dal Gruppo Giovani dell'Unione Industriale di Torino in collaborazione con l'Ufficio scolastico regionale e la Camera di commercio di Torino. "Non è solo un'impresa, ma c'è di più - racconta - fatta da un'alternanza di amore e odio, ma soprattutto da un senso di appartenenza che senti dentro. Sicuramente dà una responsabilità in più, per il rispetto delle generazioni venute prima di me e i sacrifici che hanno fatto loro per attivare qui. Sono passati attraverso due Guerre Mondiali e un cambio di secolo, le difficoltà non sono state poche".

Negli ultimi 15 anni la Gelati Pepino ha subìto una vera trasformazione. Da 10 dipendenti è salita a 30. Le vendite di Pinguino sono salite da 138mila a un milione e centomila pezzi e il fatturato è salito dai 225mila euro del 2005 ai circa 3 milioni del 2019.

"Non facciamo viti e bulloni, quindi c'è anche un'empatia verso le persone, le famiglie e chi viene da Pepino da generazioni. Il gelato ora è sdoganato, ma un tempo era una coccola da ricorrenza o da premio - prosegue Cavagnino - e tutti hanno un trasporto affettivo verso di noi e i nostri prodotti. Tutti mangiano il gelato ed è apprezzato in maniera trasversale: in Italia ci sono un terzo delle gelaterie del mondo. Ma il paradosso è che in altri Paesi ne consumano più di noi, soprattutto i Paesi freddi. Questo perché il gelato non è dissetante, ma è considerato un dolce. Mentre noi in Italia lo viviamo come prodotto stagionale".

Il futuro? "Si va all'estero dove amano il made in Italy, si informano e apprezzano la nostra qualità certificata, ma vogliamo rimanere comunque un prodotto di nicchia. E poi vogliamo puntare all'alto di gamma, aprire nuovi punti vendita e aumentare la gamma dei prodotti come cioccolate, zabaione, creme al caffè. Alcune fatte da noi, altre da nostri fornitori su cui poniamo la nostra garanzia". E il sogno è anche quello del Museo, per i 140 anni, con tutti i reperti della gelateria storica. "Non siamo riusciti per i 135, vogliamo riuscire ora", conclude Cavagnino.

"Con Pepino - dice Alberto Lazzaro, presidente del Gruppo Giovani imprenditori dell'Unione Industriale - si conclude un percorso di 5 tappe in aziende eccellenti del territorio. Ora stiamo pensando al 2020, per far emergere altre realtà imprenditoriali e manifatturiere di successo che rappresentano la nostra città nel mondo".

Massimiliano Sciullo