Nuove Note - 19 gennaio 2020, 13:42

Francesca Siano: fare musica è un costante atto politico

Il suo ultimo brano,“Contaminazione”, racconta le abitudini comuni che restano a coloro che si separano, siano amanti o amici.

Francesca Siano inizia a cantare per caso entrando a far parte grazie ad un suo amico di una rock band, ma aveva studiato violino e chitarra. A 18 anni iniziò a studiate canto classico affascinata dall’opera Buttterfly di Giacomo Puccini. È il blues però che l’avvicina al cantautorato e al progetto musicale Kasmata. Da poco ha iniziato un progetto solista che le permette di esprimere se stessa in ogni accordo. Il 13 dicembre insieme al gruppo torinese The Spell of Ducks per Sità Scoté hai collaborato alla nascita del singolo “Prendere e Partire” per raccontare la storia di un grande viaggio. Il suo ultimo brano,“Contaminazione”, racconta le abitudini comuni che restano a coloro che si separano, siano amanti o amici.

 

 

Come si è avvicinata Francesca Siano alla musica?

Non so dire con precisione come io abbia incontrato la musica, ma spero di non allontanarmene mai. Da bambina ho iniziato studiando violino, poi chitarra, finché un amico d’infanzia, quando avevo 15 anni, mi convinse a cantare nella sua rock band. Ricordo le prime volte in sala prove a studiare canzoni dei Led Zeppelin e di Janis Joplin. Furono anni preziosi nei quali la mia voce prendeva forma e io con lei. Dai 18 anni in poi, ho studiato canto classico perché mi ero innamorata della Butterfly di Puccini. Poi il blues mi ha richiamata all’ordine, questa volta però mettendo in gioco la mia creatività. È nato così un progetto di cantautorato, portato avanti per tre anni insieme ad altri musicisti e a settembre 2019 giunto al termine.

 

 

Sei passata da un progetto con altre persone ad uno da solista, cosa è cambiato in meglio e cosa in peggio?

In gran parte non è cambiato nulla. Sebbene un gruppo sia costituito da elementi diversi si muove, suona e respira come fosse un’unica persona. Ciò che è nuovo sono le responsabilità dei messaggi contenuti nelle mie canzoni. Sola sul palco, rispondo io soltanto di ogni accordo o parola sbagliata. Il processo creativo è diventato più veloce e libero e per ora questo mi entusiasma.

 

 

Cosa significa per te fare musica?

Fare musica è un costante atto politico. Mi spiego meglio: cantare significa raccontare il mondo che si abita, ma anche pensarne uno diverso mostrando quanti cambiamenti siano ancora necessari affinché vengano rispettati i diritti di ciascuno. La potenza della musica risiede nel suo promuovere la cultura e perciò il libero pensiero, ma con leggerezza e ironia intrecciando grandi temi a piccole storie quotidiane di amore, sfortuna o felicità. Se ogni canzone offre uno scenario diverso, più musica si ascolta più si è in grado di immaginare soluzioni alternative ad un mondo talvolta ancora inospitale.

 

 

Hai collaborato con Erica Mou per il Reset Festival, cosa hai imparato da questa esperienza?
Il Reset Festival e i quattro giorni di laboratori a esso legati sono stati una grande esperienza di ascolto. Musicisti diversi, legati a progetti all’apparenza distanti, concentrati a lavorare su brani ascoltati per la prima volta: il risultato è stato corale e straordinario. Erica Mou è fantastica. Lavorare con lei al testo e all’arrangiamento mi ha permesso di capire come la stesura di una canzone sia un’operazione spontanea, ma anche un lavoro di rimaneggiamento e precisione. Ogni parola ha un peso specifico e la musica deve rendere ancora più esplicito il significato di ciò che si canta. A tal proposito, fondamentali sono stati i consigli di Alessandro Bavo e Valentina Farinaccio.

 

 

Insieme al gruppo torinese The Spell of Ducks per Sità Scoté hai collaborato alla nascita del singolo “Prendere e Partire”, come nasce un pezzo dalla collaborazione di più persone?

Nasce da una storia, da un canovaccio o da un’immagine. Con Sità Scoté la storia non abbiamo dovuto inventarla, bensì è stata raccontata a me e Ivan, cantante dei The Spell of Ducks, in un pomeriggio del dicembre 2018. Efraim, protagonista di “Prendere e Partire”, si è speso con un pazienza a illustrarci il grande viaggio compiuto da lui e dalla sua famiglia, dal Venezuela all’Italia, per aiutare il figlio maggiore. Abbiamo cercato di maneggiare con cura il resoconto di Efraim e, una volta presi gli strumenti, abbiamo unito le idee e i suoni che potevano dipingere al meglio il mondo di cui avevamo sentito parlare.

 

Stai lavorando ad altri brani tuoi?

Sì, l’ultimo si chiama “Contaminazione”. Il brano racconta delle abitudini comuni che restano a coloro che si separano, siano amanti o amici. Vite dapprima condivise, procedono ora su binari diversi, mantenendo però all’inizio gli stessi gesti e movimenti che caratterizzavano il tempo speso insieme. C’è però un lieto fine, l tempo con il suo incedere forgia nuove consuetudini permettendo di dimenticare.

 

 

La tua Torino musicale e non.

Abito in periferia, ma considero il centro di Torino la mia casa. Non solo perché sede del mio lavoro e dell’università che frequento, ma per il coinvolgimento che questa città è in grado di produrre. L’attenzione e la curiosità per la musica emergente sono fortissime e la solidarietà tra musicisti permette la crescita reciproca. Ogni sera è possibile trovare locali in cui si suona e si sperimentano l’incontro di arti diverse. Così, nonostante la pianta semplicissima che la caratterizza, a Torino è possibile perdersi nelle tante iniziative che la colorano.

 

News, live in programma, appuntamenti.

Il 29 gennaio suonerò all’Off Topic in compagnia degli amici Igloo, con i quali ho condiviso l’esperienza del Reset Festival quest’anno. Sarà una serata particolare, dove la nostra esibizione sarà soltanto la prima di una rassegna rivolta ai gruppi emergenti. In programma c’è poi la registrazione di un singolo entro questa primavera, prima traccia di un futuro Ep che spero non tardi ad arrivare.

 

Foto di Stefania Brovetto

Federica Monello