Chivasso - 29 gennaio 2020, 12:52

Il biometano non si fa: 4 Comuni del chivassese vincono contro Città Metropolitana

Promotrice, la consigliera e ambientalista Barbara Squillace

Uno dei momenti di protesta del Comitato degli ambientalisti

E' la vittoria del Comitato Ambiente, che da anni e anni urlava "no" contro la sua realizzazione. E' la vittoria dei 130 residenti che abitano nella zona industriale, invisibili sulle carte del piano regolatore. Ed è, soprattutto, la vittoria di Barbara Squillace, promotrice del Comitato Ambiente e consigliera di Rondissone.

E' arrivata ieri sera, attraverso un tam tam sui cellulari la notizia che tutti stavano aspettando. L'impianto a biometano e compost, proposto dall'azienda chivassese Ferplant, non si fa più. Il Tribunale del Tar Piemonte ha infatti accolto il ricorso del Comune di Rondissone, seguito dalle amministrazioni comunali di Mazzè, Torrazza Piemonte e Verolengo, contro il parere positivo che Città Metropolitana aveva espresso due anni fa nei confronti del progetto di realizzazione dell'impianto. 

I motivi della sentenza sono praticamente quelli per cui il Comitato Ambiente ha lottato per anni. Il biometano sarebbe infatti dovuto sorgere in strada della Mandria, zona industriale che tutti, qua, chiamano "2001". Oltre a piccole attività industriali, ospita anche 130 persone, che vivono in sei condomini inizialmente nati come uffici ma poi venduti come abitazioni. Tutti, in paese e non solo, sanno della loro esistenza, eppure, sul piano regolatore comunale, il principale documento urbanistico di una città, non compaiono. Non solo. Come ha più volte evidenziato il Comitato Ambiente, l'impianto si trova molto vicino al Centro Giovani e sarebbe dovuto sorgere sulle falde acquifere.

"Posso dire che abbiamo vinto - commenta Barbara Squillace -. A nome del Comitato Ambiente posso dire che siamo stati la spinta propulsiva che ha permesso di arrivare sino al Tar. Abbiamo individuato delle grosse criticità e l'abbiamo manifestato sin da subito. Un impianto del genere non poteva sorgere vicino al Centro Giovani e a 130 persone". La lotta è stata lunga e durissima. "Non ci hanno calcolato - continua -, ci hanno detto che stavamo facendo terrorismo psicologico ma siamo andati avanti perchè sapevamo che lavoravamo per il bene di tutto il territorio. Lo abbiamo fatto nonostante gli insulti e nonostante le diffide". Poi, insieme ai comuni limitrofi sono riusciti a fare ricorso ed arrivare al Tar. "Il messaggio che voglio lanciare però ai cittadini è di non fermarsi di fronte alle difficoltà, di non arrendersi e di lottare anche quando diranno che non ce la farete".

a.g.