Centro - 08 febbraio 2020, 17:04

La storia romanzata della maglietta della Juventus. Dal rosa alle strisce: quando il caso ci mette lo zampino

Avevano stabilito tutto: i dirigenti, i giocatori, i soci, mancava solo una cosa.

Avevano stabilito tutto: i dirigenti, i giocatori, i soci, mancava solo una cosa.

"Allora, come le facciamo le casacche?" chiese uno.

"Non abbiamo un soldo, continueremo con pantaloncini neri e maglietta bianca come abbiamo fatto finora" rispose un altro.

"Ma no, dobbiamo avere una divisa seria, che ci distingua"

"E bravo te, ma come te lo devo dire? Non ci sono i fondi!"

"Forse la soluzione ce l'ho io" intervenne un terzo e tutti si girarono a guardarlo. "Andiamo nel negozio di mia sorella, lei vende tessuti e roba così"

"Roba da femmine" si lamentò un quarto.

"Beh roba da mettersi addosso, lei ne capisce, ci può aiutare e farci risparmiare"

 

E così, parecchio dubbiosi, quello stesso pomeriggio si accalcarono tutti – giocatori, soci e dirigenti – dentro una minuscola merceria.

"Allora, che ci consigli?" chiese il fratello alla giovane proprietaria.

"Con i pochi soldi che avete a disposizione, ci conviene scegliere la stoffa più economica che ho in negozio" rispose la sorella per poi arrampicarsi su una scaletta e tirar fuori, dall'ultimo scaffale in alto, un grosso scampolo di tessuto.

"Ecco qua", disse posandolo sul bancone.

"Rosa?" inorridirono tutti i ragazzi.

"Rosa carnicino" spiegò lei.

"Ma perché?"

"Costa poco"

"Ah".

E così, per i tre anni successivi i giocatori della Juventus Football Club scesero in campo con casacche rosa, pantaloncini, cravattini e fusciacche nere. Sì, avevano anche cravattini e fusciacche.

 

Ma tre anni sono lunghi e, ad una certa, giunse il momento di cambiare.

"Ragazzi, queste magliette sono orribili!" esordì nello spogliatoio Gordon Thomas Savage, tra i soci del club e commerciante di tessuti. Inglese.

"Cambiamo look!" propose.

"Cambiamo che?"

"Aspetto, casacche, divisa!"

"Ma Magari!" esultò il capitano buttando a terra il suo cappellino. Sì, il capitano doveva anche portare il cappellino.

"Mi farò mandare da un mio vecchio amico delle maglie uguali a quelle del Nottingham Forest" continuò l’inglese.

"E come sono?"

"Red and white"

"Eh?"

"Rosse e bianche"

"Belle!"

"Allora procedo?"

"Certo, belle così, bei colori, da professionisti, era ora!" gioì lo spogliatoio intero entusiasta della novità.

 

Ci volle un mese ma alla fine Gordon Thomas si presentò agli allenamenti portando un enorme scatolone tra le proprie braccia, “Sono arrivate!” annunciò trionfante. Dirigenti, soci e giocatori gli si fecero intorno. L'emozione era palpabile, stava per partire un nuovo corso, la scatola sarebbe stata aperta, i giocatori avrebbero indossato le nuove maglie e, da quel momento, sarebbero diventati i “rossobianchi” del campionato.

 

Venne rotto lo spago. Venne aperta la scatola. Gordon infilò braccia e testa dentro, poi  si bloccò, tornò indietro e mostrò a tutti il volto dal colorito cinereo.

"Allora?" chiesero gli altri. "Cosa stai aspettando? Faccele vedere!"

"Ci deve essere stato un misunderstanding"

"Un mi... che?"

"Il mio amico ha mandato le magliette del Nottingham ma..."

"Ma?"

"Ma del Nottingham sbagliato"

"In che senso?"

"Purtroppo non sono quelle belle del Nottingham Forest..."

"No? E quali sono?"

"Quelle del Nottingham County" spiegò tirando fuori una maglietta.

Un silenzio deluso accolse la casacca che l’inglese teneva sopra la testa. Qualcuno sbuffava e qualche d’un altro scuoteva nervoso il capo. Alla fine, però, prese la parola un pragmatico dirigente: “Beh, i soldi sono finiti, quindi per ora ci teniamo queste. E poi,  chi lo sa, magari le strisce bianconere ci porteranno fortuna”

 

Questo è il racconto molto romanzato della storia della maglietta della Juventus. Dal rosa carnicino alle strisce bianconere. Un errore di spedizione che si trasformò in una divisa iconica, nonostante i forti dubbi iniziali.

Rossana Rotolo