- 22 marzo 2020, 09:05

Didattica a distanza: sfida tecnologica o surrogato? La parola agli insegnanti di Torino

Le impressioni di alcuni docenti di scuole medie e superiori alle prese con i nuovi metodi di insegnamento online dettati dal Ministero, in queste settimane di chiusura delle scuola per l'emergenza Coronavirus

“Anche i grandi a scuola vanno tutti i giorni di tutto l’anno”. Così recitava una poesia di Gianni Rodari, ricordandoci quanto siano pesanti le “interrogazioni” e i “compiti in classe” cui gli adulti sono sottoposti ogni giorno, tra vita professionale e privata. E suona di nuovo attuale - un po’ come tutto ciò che lo scrittore di Omegna ci ha lasciato - proprio in questi giorni segnati da nuove sfide contro i mulini a vento, ma stavolta da combattere entro le mura domestiche, dove famiglia e lavoro ritrovano ora una sintesi inconsueta. Lo sanno bene i genitori e i ragazzi alle prese con la didattica a distanza ai tempi del Coronavirus: computer e tablet connessi con un mondo virtuale che tenta di racchiudere, tra non poche difficoltà, un intero calendario didattico andato in frantumi con la chiusura delle scuole. Eppure, tra invettive sindacali (si veda la richiesta del ritiro della nota ministeriale del 17 marzo, da parte delle sigle CGIL, CISL, UIL, SNALS e GILDA) e lamentale personali dei singoli utenti (vuoi per i problemi di rete, vuoi per il dispendio energetico richiesto dal supportare i bambini nell’uso dei dispositivi), l’approdo all’insegnamento telematico era pressoché inevitabile, allo scoppiare della pandemia. 

Già da un paio di settimane, infatti, gli istituti si sono attivati per riorganizzare lezioni, compiti a casa e interrogazioni sfruttando diverse piattaforme e software ad hoc per le call e la condivisione di materiale. Una metodologia prima in rodaggio e ora sempre più incanalata verso una definizione chiara e netta, a fronte di quanto recentemente pubblicato dal Ministero dell’Istruzione, come prima si ricordava.

Riprendendo quanto rilanciato nelle ultime ore dal sito Orizzonte Scuola, si intende infatti per didattica a distanza “il collegamento diretto o indiretto, immediato o differito, attraverso videoconferenze, videolezioni, chat di gruppo”; “la trasmissione ragionata di materiali didattici, attraverso il caricamento degli stessi su piattaforme digitali”; “l’impiego dei registri di classe in tutte le loro funzioni di comunicazione e di supporto alla didattica, con successiva rielaborazione e discussione operata direttamente o indirettamente con il docente”; infine, “l’interazione su sistemi e app interattive educative propriamente digitali”. Mentre il solo invio di materiali o la mera assegnazione di compiti, “che non siano preceduti da una spiegazione relativa ai contenuti in argomento o che non prevedano un intervento successivo di chiarimento o restituzione da parte del docente”, non saranno più da ritenere idonei all’apprendimento. La didattica a distanza - conclude il Ministero - “prevede infatti uno o più momenti di relazione tra docente e discenti, attraverso i quali l’insegnante possa restituire agli alunni il senso di quanto da essi operato in autonomia”.

E mentre si moltiplicano sul web i consigli dispensati da pedagogisti e psicologi su come superare l’ingresso ingombrante della scuola nelle nostre case, ogni giorno prosegue incessante il lavoro silente di docenti di ogni ordine e grado, loro in primis alle prese con “skills” e “know-how” - per abusare di termini inglesi già esausti - prima d’ora nemmeno contemplati. 

A essere più avvantaggiate, senza dubbio le scuole secondarie di secondo grado, dove i ragazzi, già avvezzi all’uso del digitale, si autogestiscono nella ricezione di file e la fruizione dei webinar. “Io mi avvalgo sostanzialmente di due strumenti - spiega Franco, docente di lettere al liceo artistico “Renato Cottini” di Torino -. La piattaforma Treccani Scuola, che consente di organizzare delle classi virtuali, di caricare e scaricare file o altro materiale digitale, di commentare attraverso una chat, di adottare lezioni a seconda delle diverse discipline adattabili alle esigenze del docente, in quanto modificabili. E' questo il punto d'incontro preferenziale con gli studenti. Il secondo strumento è la video-lezione (su Zoom o Meet), che ha valore soprattutto di momento di riepilogo, una sorta di question time, dei moduli o delle porzioni di programma affrontate su Treccani Scuola". 

A pieno regime anche il circuito lanciato dalla scuola salesiana “Edoardo Agnelli”, dove i docenti di istituto tecnico e liceo scientifico sono costantemente in contatto con gli alunni tramite Google Classroom. Uno strumento valido soprattutto per le materie che richiedono dimostrazioni pratiche e calcoli matematici, ma utilizzato, in questo periodo, anche per far esercitare gli studenti con le simulazioni delle prove dell’esame di Stato.

Va però detto che, se da un lato si riscontrano buoni feedback da parte degli adolescenti, dall’altro c’è chi resta scettico nell’accogliere a braccia aperte la didattica online: “E’ un surrogato da usarsi in caso non ci sia altro modo - commenta Serena, docente di storia dell’arte al liceo scientifico “Pietro Gobetti” di Torino -. “È faticosa per tutti, stare ore online fa male alla salute e al cervello. Manca la presenza reale e quindi la relazione vera. È  anche antidemocratico, perché non in tutte le famiglie i ragazzi hanno accesso a mezzi tecnologici. Chi si esalta per la digitalizzazione della scuola e l'e-learning trae soddisfazione dall'autoreferenzialità e dell'illusione e di fare una didattica innovativa solo perché spostata su piattaforme”.

Tuttavia, nonostante le divergenze ideologiche da parte di chi ha sempre prediletto i metodi tradizionali, anche in provincia di Torino, dove c’è effettivamente il rischio di una carenza di mezzi e reti adeguate, la risposta al momento è positiva. “La didattica a distanza sta dando buoni risultati - racconta Elena, insegnante di italiano nella scuola secondaria di primo grado “Federico Albert”, a Lanzo -. I ragazzi sono connessi e partecipano. Noi insegnanti stiamo imparando molto e ci stiamo dedicando a questo nuovo modo di fare lezione, confrontandoci e cercando di fare sempre il massimo per gli studenti. Usiamo la funzionalità della registrazione, in modo da renderla disponibile soprattutto per coloro che hanno problemi di connessione e non possono seguire in diretta: in questo modo potranno poi vedere la registrazione della videolezione in qualsiasi momento”.

C'è poi chi non rinuncia a condividere con simpatia l'eccezionalità del momento. Come Vincenzo, docente di filosofia e religione al liceo classico "Vincenzo Gioberti" di Torino, che si spruzza il profumo prima di cominciare una lezione in call conference e si sistema giacca e camicia di fronte allo specchio, come fosse un qualsiasi giorno normale di scuola. O Elisabetta, insegnante di letteratura italiana al "Majorana" di Moncalieri, sezione tecnico-economica e liceo linguistico. "I ragazzi sono abituati e non mancano mai agli appuntamenti in cui, oltre a far lezione, condividiamo riflessioni e idee", spiega. "Ho una studentessa romena che si collega sempre, anche se ora è tornata in Romania passando dall’Austria per il matrimonio di sua sorella. Fanno gli esercizi, mi mandano i compiti, scrivono pezzi per il blog che seguo a scuola. Insomma è come se sentissero in tutto ciò un senso che va oltre, o che infonde loro un po’ di sicurezza. Poi ci sono le scenette simpatiche: i letti sfatti, gli sciacquoni del bagno, l'aspirapolvere passato dalla mamma, il fratellino che entra in camera e salta sul letto... Insomma la vita condivisa attraverso il web mentre si fa lezione. Ma in tutto sento armonia e cose buone". 

"Nella mia scuola - racconta diffusamente Franco, docente torinese di storia e filosofia, ora approdato all'Istituto "Baruffi" di Ceva, in provincia di Cuneo - tutti i colleghi si sono dati e si stanno dando molto da fare con la didattica a distanza, anche quelli più imbranati o ostili alla tecnologia informatica".

"La situazione comunque è molto disomogenea a livello regionale e/o nazionale - precisa -. Ogni preside interpreta a suo modo le timide e un po’ sibilline indicazioni del Ministero: per esempio la preside di mia sorella ha proibito fin dall’inizio ai docenti di fare lezioni in streaming audio video, possono solo inviare testi, esercizi e compiti vari. L'altra discrepanza riguarda la dotazione informatica degli alunni: dispositivi e connessione internet per i quali la copertura non è affatto totale. Azzolina ha infatti riconosciuto che la DAD funziona in molte scuole e molte zone e non funziona in altre".

"Noi abbiamo deciso di seguire l’orario canonico utilizzato in presenza, in modo che tutti sappiano cosa fare, con chi, a che ora, e i docenti possano gestirsi a distanza come meglio credono i propri tempi con gli alunni. Perciò tutti noi facciamo quasi tutte le ore curricolari nelle quali si fanno lezioni frontali e, con più difficoltà che in classe, anche un po' dialogiche, esercitazioni varie e ora si comincia anche a interrogare nelle modalità e nei limiti imposti dalla telematica. Anche su questo i presidi si differenziano: la nostra preside ci ha consigliato confronti formativi, lasciando quelli sommativi alla riapertura delle lezioni che però nel frattempo si fa ogni giorno più improbabile".

Buona, e anche "commovente", la risposta degli studenti, che fin da subito hanno dimostrato collaborazione, impegno e intraprendenza. Anche se adesso, dopo due settimane di DAD a pieno regime, a prevalere spesso è la stanchezza. "Il senso e l’obiettivo di tutto questo - conclude Franco è accompagnare gli alunni in questo tempo, stando insieme a loro attraverso le nostre discipline per mantenerli collegati alla vita di formazione, in esercizio, svegli, evitando di essere troppo fiscali, evitando tutto l’appesantimento evitabile, dosando i nostri interventi, inventandoci modalità comunicative coinvolgenti e così tentare di portare comunque la nave in porto".

Manuela Marascio