Nuove Note - 05 aprile 2020, 08:33

Moonlogue: nella nostra musica gli strumenti prendono il posto delle parole

Il gruppo ha un disco pronto che uscirà a breve, si chiama Sail Under Nadìr e racconta un mondo distopico, non troppo lontano dal presente che stiamo vivendo in questi ultimi anni

Moonlogue: nella nostra musica gli strumenti prendono il posto delle parole

Dall’unione giocosa tra le parole moon e monologue nasce il progetto Moonlogue, un quartetto torinese che fa musica strumentale fondendo electro rock, post-rock, space rock, math rock e progressive. I monologhi si esprimono nei loro brani grazie a simple vocali che rimandano ad un immaginario sci-fi più realistico che distopico. Il gruppo ha un disco pronto che uscirà a breve, si chiama Sail Under Nadìr e racconta un mondo distopico, non troppo lontano dal presente che stiamo vivendo in questi ultimi anni. A raccontare questo mondo è Estèban, protagonista dell’album ma anche del primo singolo uscito il 26 marzo.

Come si sono formati i Moonlogue?
Noi quattro ci conoscevamo già tutti prima di iniziare a suonare insieme. Lorenzo e Mattia, rispettivamente chitarrista e batterista, erano i componenti del duo Glooom che, una volta concluso, è evoluto in quello che adesso sono i Moonlogue. Dapprima si è aggiunto Federico al basso e poi Edoardo ai sintetizzatori e alla gestione delle sequenze. Con loro le possibilità musicali e compositive sono cresciute esponenzialmente. Nel 2017 ci siamo trovati a suonare insieme per la prima volta e da lì il progetto ha preso vita, con l’intenzione di crescere sempre di più nell’esplorazione e nella sperimentazione sonora e compositiva.

I Moonlogue comunicano con le note e non con le parole, perché?
Quando abbiamo intrapreso questo percorso insieme, abbiamo deciso di lanciarci in questa sfida fin da subito, cioè riuscire a scrivere brani eliminando quasi del tutto l’elemento vocale. Per riuscire nell’intento, occorre necessariamente sviluppare la parte strumentale in maniera diversa da una normale canzone. Nei nostri brani cerchiamo di lasciare che gli strumenti prendano il posto delle parole facendoli dialogare tra loro. Ogni parte esiste e funziona se sorretta da tutte le altre. 

Il vostro linguaggio musicale fonde electro rock, post-rock, space rock, math rock e progressive. In che modo?
La nostra espressione musicale deriva da quelle che sono le nostre influenze, cercando di lasciar fluire le idee in fase di brainstorming per poi delinearle e rifinirle in fase di arrangiamento. Trattandosi di musica strumentale occorre sviluppare delle peculiarità che la canzone in forma più "convenzionale" non per forza deve avere, potendo contare anche sulla voce. Per cui le dinamiche, le ritmiche, le melodie devono fluire tra di loro in modo da risultare interessanti all’ascoltatore, intrattenendolo senza risultare pesanti o troppo complesse. 

“Estéban” è il primo singolo estratto dal futuro album, perché la scelta è caduta su questo pezzo?
“Estéban” è stato il primo brano che abbiamo composto insieme dopo un breve periodo di sperimentazioni e di jam: ritenendolo abbastanza maturo per il nostro percorso abbiamo deciso di includerlo nel nostro disco Sail Under Nadìr, rappresenta la nascita del concept, l’inizio del viaggio. La partenza verso l’ignoto, tanto spaventoso quanto stimolante.

Cosa racconterà il vostro disco, Sail Under Nadìr, agli ascoltatori?
Vogliamo raccontare un mondo distopico, non troppo lontano dal presente che stiamo vivendo in questi ultimi anni. Il viaggio inizia quando il protagonista, Estéban appunto, capta un messaggio, una richiesta di aiuto, parzialmente indecifrabile per linguaggio e posizione, per cui decide di partire alla volta dello spazio alla ricerca della fonte. Dopo aver vagato invano ed essere riuscito a intercettare altre parti di quello stesso messaggio, capisce finalmente che il posto da cui veniva, il posto che chiedeva aiuto era la sua casa, la Terra.

Qualche consiglio musicale e non ai nostri lettori in questo periodo di quarantena?
Per fortuna ci sono molte proposte interessanti con cui intrattenersi: “Juice B Crypts” dei Battles è sicuramente un disco molto interessante, per attitudine e sonorità. I giovanissimi Black Midi con il loro lavoro di esordio “Schlagenheim” sono riusciti a creare un qualcosa di decisamente nuovo. Le svedesi Junodef, con le loro atmosfere oniriche. Consigliamo ancora grandi classici come l’album “Cross” dei Justice o i Darkside. Ma soprattutto consigliamo di dedicare il tempo a casa a studiare, ad ascoltare, a migliorare in quello che vi piace, che vi rende voi stessi.

La vostra Torino musicale e non.
Torino è sempre stata la nostra città, siamo cresciuti vivendo da vicino le manifestazioni e i festival musicali come Traffic, Jazz Festival, Spaziale e altri eventi passati molto noti. Oltre a questo, Torino offre sia una scena musicale molto attiva sia un facile accesso a tantissime altre realtà, non soltanto musicali. Totalmente interculturale, Torino sa farti vivere, continua a essere parte della nostra ispirazione. Pur amando tantissimo la nostra città, sappiamo però che non sempre è facile far parte di essa e far sentire la propria voce, in ambito artistico e non.

News, anticipazioni?
Il disco è pronto, e nel tempo faremo uscire altri singoli: ogni brano rappresenta un focus su un preciso argomento e quindi un tassello del concept raccontato tramite la musica e i sample vocali. In questo periodo di reclusione stiamo cercando di sperimentare e sviluppare nuove sonorità, sfruttiamo questo tempo per lavorare a fondo sull’espressività dei suoni e su nuove composizioni che, speriamo, avremo presto modo di farvi ascoltare.

Info su https://www.facebook.com/moonlogueofficial/ 

Foto di Francesca Frisaldi

Federica Monello

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