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Cultura e spettacoli | 22 maggio 2020, 21:12

"Il Museo della Montagna riparte dall'alto: tuteliamo le terre alpine con il mondo fantastico di Heidi" [INTERVISTA]

Il direttore Daniela Berta presenta i nuovi progetti espositivi: "Con le foto di Fabiano Ventura rifletteremo sull'andamento drammatico dei ghiacciai. A fine anno o inizio 2021 ospiteremo una grande mostra su Walter Bonatti". Riapertura il 26 maggio

Foto di Daniela Perego

Foto di Daniela Perego

Daniela Berta, come si sta preparando il Museo della Montagna alla riapertura e quali misure verranno adottate per agevolare l’ingresso dei visitatori?

Riapriremo al pubblico martedì 26 maggio. La prima settimana che precede la grande riapertura generale del 2 giugno sarà di sperimentazione di tutte le misure di sicurezza, con l’adozione di dispositivi specifici per il pubblico, ma senza rinunciare alla godibili dell’esperienza museale. Abbiamo già provveduto all’approvvigionamento di mascherine, guanti, visiere, barriere in plexiglass per proteggere gli operatori a diretto contatto con i visitatori, oltre all’organizzazione del percorso con il necessario distanziamento e l’identificazione del numero esatto di visitatori che possono sostare nell’area espositiva permanete e temporanea, così come per l’archivio, aperto alla consultazione solo su prenotazione.

Una delle principali novità vissute durante il periodo di chiusura è stato il lancio del portale mountainmuseums.org, nell'ambito del progetto Interreg Alcotra iAlp. Come si sta sviluppando questa iniziativa?

Abbiamo approfittato di questo frangente drammatico per portare a termine il lavoro svolto assieme al nostro partner, il Musée Alpin di Chamonix-Mont-Blanc. Abbiamo messo inline 5 mila beni dei 30 mila digitalizzati e catalogati nel corso di tre anni. Ricordiamo che le collezioni si aggirano attorno ai 500 mila pezzi, quindi si tratta soltanto di una vetrina del nostro grande patrimonio. Su questa piattaforma è possibile fare percorsi tematici specifici, visite virtuali delle esposizioni temporanee realizzate con iAlp, e anche per i più piccoli abbiamo pensato a video tutorial e giochi divertenti, sempre dedicati alla cultura della montagna. Speriamo che in futuro altri centri di documentazione approfittino di questo strumento per entrare all’interno di una rete di condivisione. Il nostro museo, inoltre, è sede e coordinatore  di Imma - International Mountains Museums Alliance, associazione nata nel 2015 a Torino e composta da musei, fondazioni e strutture di documentazione che si occupino di montagna con collezioni permanenti aperte al pubblico: ci auguriamo quindi che questo sia un ulteriore stimolo allo sviluppo di una rete mondiale. 

In questa fase di ripartenza, si prevede di sfruttare il più possibile gli spazi aperti per favorire gli eventi culturali. Avete pensato a un nuovo utilizzo del vostro Cortile Olimpico e degli altri ambienti?

Abbiamo la terrazza panoramica all’ultimo piano del museo, a ingresso contingentato, cui non possono accedere più di cinque persone, mentre il cortile è collegato all’area di documentazione e al nostro ristorante, che riaprirà giusto questo sabato. È richiesto di evitare ogni tipo di assembramento e mantenere la distanza. Abbiamo sempre realizzato eventi, ora, in base all’evoluzione della situazione generale, vedremo come riorganizzare queste iniziative, valutandone la sostenibilità e considerando l’afflusso di persone. 

Quali sono i prossimi progetti espositivi che il museo ha in programma?

La mostra principale in apertura martedì prossimo è “Qui c’è un mondo fantastico”, una citazione dal romanzo, e i successivi riadattamenti cinematografici e televisivi, di Heidi. Volevamo lanciare il messaggio che da noi c’è davvero un mondo fantastico da scoprire ed esplorare. Abbiamo selezionato quattro artisti - Marina Caneve, Vittorio Mortarotti, Laura Pugno e Davide Tranchina - con una procedura pubblica e un bando internazionale, i quali hanno frequentato il museo nei mesi di apertura, cercando ispirazione nelle nostre collezioni  per poter creare opere che riflettessero sugli stereotipi legati al mondo delle terre alte. È curata da Veronica Lisino, conservatore della Fototeca del Centro Documentazione, e da Giangavino Pazzola, curatore indipendente. La seconda mostra si trova al piano terra: “Sulle tracce dei ghiacciai”, realizzata dall’associazione Macromicro con il fotografo Fabiano Ventura, che, dopo anni di ricerche negli archivi storici fotografici, ha realizzato un progetto contemporaneo con scatti dei ghiacciai fatti nel medesimo punto di quelli rinvenuti negli archivi, per inquadrare la situazione attuale a confronto con quella storica. Sono immagini che lasciano il segno, in quanto manifestazione evidente del pericolo cui stanno andando incontro le terre alte, e di come sia urgente occuparsene. La mostra è realizzata in collaborazione con l’azienda Ferrino per i suoi 150 anni. 

La vostra storia da sempre fa incontrare la componente museografia con la salvaguardia e la tutela dell’ambiente alpino. Da questo punto di vista, avete riflettuto sulla nuova possibile direzione da intraprendere, nel tornare a valorizzare il “sistema montagna” dopo la pandemia? 

Sentiamo tutti crescere un grande interesse per la montagna, così come l’intenzione di frequentare le valli alpine più prossime alla città, e speriamo sia una fruizione consapevole, responsabile e rispettosa delle specificità ambientali, culturali e sociali dei vari luoghi. Noi dal 2018 stiamo lavorando molto su temi di sostenibilità ambientale. Abbiamo realizzato due mostre dedicate all’acqua, “Post-water” e “Under Water”, più un altro progetto, “Tree Time”, incentrato sui boschi e le foreste, nel 2019, che potrebbe essere visitabile anche al Museo delle Scienze di Trento entro fine anno. A tutte queste iniziative abbiamo sempre abbinato un pubblic programme di eventi per sensibilizzare e coinvolgere diverse fasce di pubblico, partendo dal nostro osservatorio privilegiato. A fine anno o inizio 2021 avremo poi una grande mostra dedicata all’alpinista Walter Bonatti, a completamento dei lavori di catalogazione digitalizzazione del suo archivio, giunto in museo nel 2016, che conta circa 250 mila beni. 

Manuela Marascio

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