Nuove Note | 31 maggio 2020, 06:00

Libet: un dialogo interiore espresso da cantuatorato ed elettronica

L’album d’esordio, Primo Ritratto, è composto da otto tracce che creano un frammentato dialogo interiore attraverso immagini vivide ma al contempo opache, rapide e sfaccettate.

Libet: un dialogo interiore espresso da cantuatorato ed elettronica

I Libet sono un duo, formatosi a Torino nel 2018, composto da Marco Natale e Alan Spanu. Dopo una prima di fase di scrittura in cui iniziano a prendere forma i primi brani, nel gennaio 2019 decidono di entrare in studio di registrazione per lavorare al loro primo disco, con la supervisione del produttore artistico Manuele Miceli. La musica dei Libet presenta un sound che miscela gli elementi della canzone d'autore della scena contemporanea con le sonorità tipiche dell'IDM e dell'elettronica. Le diverse sonorità si uniscono per osmosi senza tuttavia perdere mai di vista l'idea di fondo dal duo. L’album d’esordio, Primo Ritratto, è composto da otto tracce che creano un frammentato dialogo interiore attraverso immagini vivide ma al contempo opache, rapide e sfaccettate.

Come si sono formati i Libet e perché si chiamano così?
Il progetto nasce principalmente dall'esigenza di proseguire i nostri rispettivi percorsi artistici. Ci conosciamo già da parecchio tempo e abbiamo percorso strade musicali diverse ma parallele: nel 2017 abbiamo iniziato a suonare e condividere idee e brani, ed è iniziata la collaborazione, in maniera piuttosto spontanea all'inizio ma soprattutto con l'intenzione di fare qualcosa di nuovo.
Tutto è partito da un habitat più contenuto, come quello della casa, in cui i primi brani embrionali hanno preso forma in modo semplice con chitarra, pianoforte e dei barlumi di elettronica più vicina all'ambient. Poi la fase di scrittura si è poi spostata in sala prove, dove i pezzi hanno assunto una forma più articolata, coerente e soprattutto elettrificata. Proprio durante quest'ultimo periodo, nell'estate del 2018, decidemmo di partecipare a un contest live qui a Torino, e al momento dell'iscrizione ci accorgemmo di non aver dato un nome al progetto. In quel momento avevamo a portata di mano un disco del musicista inglese The Caretaker, una delle tracce si intitolava "Libet's delay" e a istinto ci piacque. Non c'è per noi un vero e proprio significato dietro al nome, pensiamo sia semplicemente una parola che suona bene se associata alla nostra musica. L'anno seguente ha inizio la collaborazione col nostro produttore Manuele Miceli, che ha influito considerevolmente sul nostro sound, consolidandolo: l'enorme lavoro fatto con lui in studio ha donato al nostro suono e al disco un'aura underground e un respiro internazionale.

Come si uniscono nella vostra musica gli elementi della canzone d’autore alle sonorità IDM ed elettroniche?

L'idea di unire questi due mondi era presente già al principio, ma è stato in studio che le caratteristiche di questi due generi si sono amalgamate. Si è trattato di un processo in divenire perché i brani che avevamo scelto per l'album sono cambiati davvero molto in fase di produzione, come spesso accade. Siamo partiti con dei riferimenti ben precisi in termini di idea di sound generale, poi man mano che il lavoro ha iniziato a svilupparsi alcune cose sono state scartate, altre lasciate più sullo sfondo e altre ancora sono passate in primo piano. Le sonorità si sono quindi unite da un lato per osmosi, senza tuttavia perdere mai di vista l'idea di fondo da cui siamo partiti. Il risultato è stato molto interessante perché la struttura del genere tipico della canzone d'autore non si è persa in sperimentalismi a vicolo cieco, ma è rimasta intatta. Contemporaneamente molti elementi dell'IDM come beat decentrati, pads e campionamenti si sono uniti perfettamente in una miscela che ha sorpreso noi per primi.

Come nasce un vostro brano? Chi fa cosa?
Un brano può nascere a volte da un suono come ad esempio un particolare sintetizzatore o basso, un beat, un sample, altre volte da un giro di chitarra, di pianoforte o dall'idea di una linea vocale. Niente nasce dal nulla ovviamente, un modello al quale far riferimento è sempre indispensabile, però registrando il disco queste modalità creative si sono tutte ritrovate. Un aspetto caratteristico ad esempio è l'aver utilizzato molti campionamenti vocali, aver pensato cioè la voce non come elemento separato dalle musiche come solitamente vorrebbe il genere cantautorale, ma come parte integrante di esse.
Sul "chi fa cosa", possiamo dire che ci scambiamo i ruoli molto spesso in fase di scrittura, mentre dal vivo per ora i compiti sono generalmente ben definiti.

“Il primo ritratto”, è il primo disco che avete pubblicato. Quale storia ci racconta?
Il ritratto è un oggetto impenetrabile, opaco e trasparente al tempo stesso, un modo per descrivere e rappresentare qualcosa che sta in profondità, che sfugge. Questo tema attraversa come un filo conduttore tutti i brani, pensati come indipendenti fra loro pur avendo nel complesso un'uniformità dettata dall'esigenza di dare un corpo all'intero lavoro. Poi ci siamo noi, cioè gli autori. In questo disco c'è molto di quello che ci ha influenzato dal punto di vista musicale, dal folk e il songwriting a un certo tipo di elettronica, dagli elementi tipici dell'hip-hop alla new wave e anche al noise. Il primo ritratto è sempre un oggetto imperfetto e denso di elementi, dettagli che donano quel qualcosa in più che intriga e che solitamente, per l'appunto, non si riesce mai a decifrare del tutto.

La crisi sanitaria ha bloccato il mondo dei live, quando questo ripartirà cosa pensi che dovrebbe cambiare rispetto a prima?
Quando si parla del mondo della musica dal vivo entra in ballo l'industria dello spettacolo, con tutte le sue problematiche. Purtroppo questa crisi ha assestato un colpo molto duro all'intero settore e ai professionisti che ci lavorano. Ovviamente abbiamo fiducia nel futuro ma bisogna essere consapevoli che questa da sola non basta, serve la volontà di mettersi a lavorare per ricostruire, edificare, soprattutto per rendere il settore più competitivo. Nel nostro piccolo, come musicisti possiamo dire che sarebbe auspicabile un cambio di prospettiva che punti in alto tenendo però ben saldi i piedi per terra, ma questa spinta deve arrivare in primis da chi si trova all'interno del circuito, musicisti compresi. Bisogna prendere e pretendere una maggiore libertà di iniziativa, e quindi anche di autonomia, evitando così che qualcun'altro si debba occupare di te sia nei momenti di prosperità, sia nei momenti di crisi.

La vostra Torino musicale e non.
Ognuno col tempo impara a relazionarsi a suo modo con la propria città, è un rapporto per certi versi conflittuale, di amore e odio, un po' come in famiglia. Torino per noi è stata la città che viveva e sta ancora vivendo un cambiamento identitario, da città industriale a una nuova identità che ancora fatica ad affiorare. Negli anni abbiamo vissuto questa fase che è effettivamente un conflitto proprio passandoci in mezzo. Per noi è stata la città delle prime band ed esperienze musicali, del centro jazz, del Lapsus (ormai chiuso) con la sua acustica particolarissima, un locale di cui conserviamo bei ricordi e dove si svolgeva il celebre contest Torino Sotterranea. Poi ancora le notti nei club (ricordiamo fra tutti il Krakatoa al The Beach), fino ai grandi concerti del Traffic Festival, fa tutto parte del nostro bagaglio d'esperienza musicale e non.
Torino poi è anche una città che conserva nelle sue radici i primordi del cinema, e questo aspetto, questo immaginario cinematografico, ogni torinese volente o nolente se lo porta dietro; noi compresi.

News, anticipazioni.
Si prosegue con la scrittura e la produzione di nuovi brani, in vista della preparazione di uno show dal vivo: l'idea è di creare un'atmosfera live che abbia qualcosa in comune col classico dj set. Una delle caratteristiche sarà l’ avere pochissime pause fra un brano e l'altro, una sorta di muro di suono insomma, consapevoli di muoverci sempre in equilibrio fra due terreni musicali. Pensiamo sia interessante e divertente unire questi due mondi a cui siamo legati.

Info su https://www.instagram.com/libetofficial/

Federica Monello

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Federica Monello

Giornalista pubblicista, ascoltatrice vorace di musica, amante di tutto ciò che è cultura. Nasco e cresco in Sicilia dove da studentessa di Lettere Moderne muovo i primi passi nel giornalismo, dopo poco unisco la scrittura alla passione per la musica. Giungo ai piedi delle Alpi per diventare dottoressa in Comunicazione e Culture dei media e raccontare di storie di musica, versi, suoni e passioni.

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Nuove Note è la rubrica che ogni settimana ti fa conoscere un nuovo progetto musicale emergente nato tra la Mole Antonelliana e un pentagramma, tra i boschi piemontesi e una sala prove casalinga, tra uno studio di registrazione e i chilometri che lo separano da un paesino in provincia. Nuove Note ti racconta le storie e la musica gli artisti più interessanti della scena musicale piemontese.

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