Cultura e spettacoli - 28 giugno 2020, 10:28

Statue in cortile come "vessillo di speranza": al Museo Accorsi-Ometto scultura è bellezza

Inaugura l'8 luglio la mostra "Novecento in cortile", curata da Bruto Pomodoro, che raggruppa undici opere di grandi esponenti internazionali del dopoguerra

Dopo la riapertura al pubblico lo scorso 18 giugno, il Museo Accorsi-Ometto di Torino si prepara a ospitare nel suo suggestivo cortile una mostra di sculture che rende omaggio a sei grandi artisti del Novecento, fra i maggiori interpreti internazionali del dopoguerra.

Novecento in cortile, dall'8 luglio all'11 ottobre, accoglie opere di Arman, Paolo Borghi, Gio’ Pomodoro, Riccardo Cordero, Igor Mitoraj e Ivan Theimer  – bronzi, acciai e terracotte -, che si ergono a vessillo di speranza e di volontà di ripartire, dopo i lunghi mesi di pandemia appena trascorsi.

Scrive Bruto Pomodoro, curatore della mostra: “Esiste un aspetto spirituale, legato indissolubilmente a ciascuno di noi: la ricerca consolatoria della bellezza che l’uomo, già dai tempi della preistoria, ha sempre cercato di rappresentare, riprodurre, reinventare. È questa una ricerca insopprimibile, che coinvolge ogni aspetto della nostra vita, dalle rappresentazioni sacre e allegoriche a quelle mitologiche, dalle scene di vita quotidiana ai paesaggi, dalle nature morte alle rappresentazioni delle battaglie, dalle composizioni figurali alle opere astratte in un fluire ininterrotto attraverso i secoli; nonostante carestie, guerre e pestilenze, non abbiamo mai potuto fare a meno di questi miracolosi oggetti, non abbiamo mai smesso di ammirarli, di studiarli, finanche di possederli”.

In mostra si potranno ammirare il monumentale Mercurio (anni ’80) di Arman, uno fra i massimi esponenti del nouveau réalisme, famoso per le sue accumulazioni, per gli strumenti musicali e per le sue frammentazioni, oggetti che differiscono fra loro solo per qualche dettaglio, sezionati dal loro insieme; la grande terracotta Cavalcata interrotta (1990) di Paolo Borghi che ben rappresenta la sua poetica di rivisitazione dell’arte classica e di indagine sul mito; i bronzi patinati Tensione verticale (1963-64) e Sole deposto (1982) di Gio’ Pomodoro, testimonianze di due diversi cicli produttivi del Maestro marchigiano, quello delle “Tensioni”, opere che cercano di definire il concetto di vuoto, e dei “Soli”, archetipi geometrici di uno dei simboli più rappresentativi dell’umanità, fabbrica d’energia senza proprietari, come amava definirlo egli stesso; il maestoso acciaio satinato Asteroide (2017) di Riccardo Cordero in cui la forma plastica astratta, una struttura segnica attentamente progettata, è posta in dialogo con lo spazio circostante, di cui l’opera ne attiva la realtà fisica; i due grandi bronzi di Igor Mitoraj, Icaro alato (2000) e Luci di Nara pietrificata (2014), che testimoniano la visione postmoderna dell’artista che, attraverso le fratture presenti sulla figura, alludenti al frammento e al reperto antico, ci ricordano la situazione dell’uomo contemporaneo con le sue fratture e la sua perdita di identità; infine, di Ivan Theimer, Tobiolo (1999), Tartaruga con montagna (2004), Medusa (2005) e Arione con delfino (2008), quattro opere in bronzo di diverse dimensioni fra loro collegate da un unico denominatore: un solido impianto classico che riecheggia ai miti rappresentati dalla scultura greca, alla simbologia egizia dei grandi Obelischi fino al manierismo toscano, dove figura umana e mondo animale giocano fra loro in simbiosi plastica, per ricordarci che siamo tutti parte di un unicum.

 

 

Manuela Marascio