Lo sfogo disinibito e dissacrante di una delle tante "mogli di" che dall'antica Grecia arriva dritta ai giorni nostri. Scomparsa ieri, pochi giorni dopo aver compiuto cent'anni, Franca Valeri lascia ai posteri, in mezzo all'enorme bagaglio della sua eredità artistica, anche "La vedova Socrate", testo ispirato all'opera ironica del drammaturgo tedesco Friedrich Dürrenmatt sugli intrighi filosofici, politici e privati del maestro della maieutica.
A portarla in scena per la prima volta in Piemonte, dopo il debutto a Siracusa e una tournée estiva in diverse piazze italiane, è Lella Costa, quasi raccogliendo un invito - che è anche passaggio di testimone - a perpetrare un ideale di comicità al femminile di cui il teatro italiano si forgia orgogliosamente da decenni.
L'attrice sarà ospite il 12 agosto alle ore 21 al Forte di Fenestrelle, all'interno del Festival Teatro & Letteratura 2020 di Tangram Teatro; il 14, alle ore 20.30, lo spettacolo replicherà alla Reggia di Venaria, nel Gran Parterre Juvarriano, per la rassegna estiva ideata da Piemonte dal Vivo.
Protagonista è Santippe, la moglie di Socrate, che, dall'interno della sua bottega di antiquariato, si sfoga raccontando tutto ciò che il marito e suoi amici le hanno fatto passare.
"Mi incuriosiva l’idea di sfatare questa leggenda che Santippe fosse solo una specie di bisbetica – raccontava Franca Valeri –. Io ne faccio una moglie come tante, con una vita quotidiana piena di alti e bassi, una donna forte e intelligente che del marito vede anche i tanti difetti. Il monologo nasce da un’idea di Peppino Patroni Griffi, il quale si è divertito così tanto a leggere il racconto di Dürrenmatt che me lo ha passato. Mi ha subito attratto l’idea di dar vita a questa massaia che si muove in un mondo di filosofi".
Artista straordinaria, Valeri propone qui, con la devastante ironia di sempre, un altro ritratto al femminile che va a impreziosire una galleria di personaggi unici e indimenticabili, primo fra tutti “la figlia della sora Augusta, quella maritata Cecioni” di televisiva memoria.
Nella Vedova, Santippe può finalmente esprimersi su ciò che è stato il suo matrimonio e su quello che le hanno fatto passare gli amici di Socrate, da Aristofane ad Alcibiade: dei buoni a nulla, tra i quali primeggia Platone, l’allievo prediletto che si è appropriato di tutte le idee di Socrate trascrivendole, seppur fedelmente, nei suoi Dialoghi. Santippe non riesce a darsi pace e così lo riduce a uno sfruttatore di parole altrui e si mette in testa di chiedergli pure i diritti d’autore. Ne nasce un racconto ironico e acuminato, tanto che la protagonista deciderà di scrivere lei stessa un dialogo, mettendo al centro, per la prima volta, le donne. Partendo da un assunto: non occorre indagare la vera natura del proprio uomo: bisogna accettarlo così com’è, da vivo e da morto. D’altronde, "la morte di un marito è un così grande dolore che nessuna donna ci rinuncerebbe".