Proseguono gli appuntamenti del cartellone estivo Summer Plays, ideato da Teatro Stabile di Torino e TPE - Teatro Piemonte Europa.
Dal 18 al 20 giugno la Piccola Compagnia della Magnolia porterà in scena al Teatro Carignano Mater Dei, di Massimo Sgorbani, con Giorgia Cerruti (che ne firma la regia) e Davide Giglio.
Una madre posseduta dal dio, una gravidanza iperbolica che genera tredici figli dotati dei paterni attributi divini, tranne l'ultimo, un dio debole. L'opera attraversa il mito deviandolo verso una scrittura postmoderna, immersiva e scandalosa. Spiega Sgorbani: "Il tredicesimo dio più che altro muggisce. Parla pochissimo, come del resto tutti gli dei che si manifestano soprattutto attraverso atti. Perfino Dio, quello con la 'd' maiuscola, è ben poco loquace, perfino lui, nel roveto ardente, parla per bocca di un angelo. E, sul filo del paradosso, affida il suo messaggio a Mosè, il balbuziente che con la parola ha poca dimestichezza".
"Sull’asse che dal silenzio - prosegue - passa al muggito e al racconto scorre il rapporto tra madre e figlio, tra la mater e il deus bisognoso di qualcuno che parli per lui, che lo racconti. Un dio nascosto, occultato, un dio ma forse la realtà stessa che, per diventare discorso, mythos, necessita di una rimozione. A ben vedere qualcosa di simile la diceva anche il signor Kant: la realtà, per essere intellegibile, deve essere, se non rimossa, tradotta (balbettata?), altrimenti rimane oscura. Ma la “traduzione” non dice mai fino in fondo la realtà, per rivelarla è costretta a velarla”di continuo. Il caos, l’inesprimibile, il “cuore di tenebra” restano a fondamento di ogni possibilità di parola, e vanno di continuo nascosti e, se occorre, deportati affinché prenda vita il discorso, il racconto. Perché al dio muto subentri l’uomo parlante. E questo, per concludere, è il racconto di un figlio indegno della madre, o forse di una madre indegna del figlio. Decidano gli spettatori".
Uno spettacolo permeato di crudo lirismo, tra sacro e profano. Un flusso di parole laico, erotico, ipnotico, che oscilla instabile tra la paura di regredire nel Caos e l'affermazione del Mito. "Per noi attraversare quest’opera - spiega la regista - significa continuare dunque un cammino che da più di un decennio trova la sua vitalità in un lavoro immersivo dell’attore: un paesaggio scenico dai tratti antinaturalistici, dove le partiture vocali e fisiche inseguono una sintesi tra ricerca formale e densità emotiva. Un teatro che cerca di mettere al centro del lavoro un tempo sacro abitato da figure poetiche. Immaginiamo l’incontro con il pubblico come un momento rituale estraneo al quotidiano; un tempo altro in cui ci si riunisce – spettatori e attori – per cercare il vero nella finzione".
Dal 21 al 23 il Carignano accoglierà Piccola società disoccupata, prodotto da ACTI Teatri Indipendenti, di Rémi De Vos, con Ture Magro, Barbara Mazzi e Beppe Rosso, che cura la regia.
La comunità societaria del titolo è composta da tre attori di differenti generazioni, che interpretano vari ruoli in un gioco cinico ed esilarante al tempo stesso. Sono personaggi che si dibattono in una lotta senza esclusione di colpi per conservare o trovare lavoro, una lotta del tutti contro tutti, in cui non mancano slanci d’amore, ingenuità e momenti di grande illusione. Un mondo dove è evidente la fragilità individuale che di volta in volta si trasforma in astuzia o in follia solitaria.
Attitudini che diventano anche strategie di sopravvivenza in una commedia contemporanea dove ogni scena apparentemente reale, attraverso lo humour e il paradosso, viene portata alle estreme conseguenze tragicomiche.
Il testo di Rémi De Vos propone un calembour di situazioni che mettono al centro il conflitto generazionale tra giovani e anziani nell’affrontare l’attuale trasformazione dell’uomo in rapporto al lavoro. Dove porterà tutto questo, alla società della disoccupazione o a quella del tempo libero? Evidenti le diverse risposte che le generazioni ancora attive ne danno ed evidente è il conflitto strisciante che le contrappone. Immersi dentro un mondo in cui tutto è mercato, in un vortice di mutazioni sociali dominato da algoritmi e indagini statistiche.
Messaggio dell'opera è che il teatro può tentare di fermare per un istante questo vortice, riportando al centro l’uomo, le sue paure, le contraddizioni, le fragilità e i paradossi che incontra sulla strada del lavoro. E trasformando la complessità del momento in puro gioco teatrale.