Attualità - 26 agosto 2020, 18:19

Torino Capitale della Cultura 2033, per la candidatura la parola a Case del Quartiere, street art e protagonismo giovanile

Leon: “Teatro Nuovo diventerà il prossimo hub delle arti performative”. Giusta: “La Sovrintendenza alle Belle Arti metta mano alla conservazione dei murales”

Sette anni per preparare la candidatura a Capitale europea della Cultura 2033. Così Torino inizia a lustrarsi le scarpe e rispolverare l’abito buono seguendo la scia di Matera, che per l’Italia ha concluso splendidamente il suo percorso nel 2019, passando poi il testimone a Fiume, in Croazia, e l’irlandese Galway.

E lo fa coinvolgendo direttamente chi le iniziative culturali da anni le pratica in posizioni spesso “marginali”, se così possono definirsi gli spazi lontani dalle grandi distribuzioni. Si è svolta infatti oggi pomeriggio, tra le stanze virtuali di Palazzo Civico, una commissione consiliare cui erano invitati alcuni referenti dei principali Centri di protagonismo giovanile cittadini e delle Case del Quartiere, chiamati a portare un proprio contributo rispetto alla visione extra nazionale della candidatura in questione, che andrà appunto presentata nel 2027. 

Uno dei primissimi incontri preliminari e conoscitivi promossi, per i prossimi sei mesi, da due mozioni del capogruppo Pd Stefano Lo Russo e dal presidente della stessa commissione alla cultura Massimo Giovara. “Un’iniziativa - ha sottolineato quest’ultimo - che dovrà essere il più possibile bipartisan e concepita per il bene della città di Torino al di là degli interessi di partito. Le linee guida che tracceremo serviranno alla prossima amministrazione e a un pezzo della successiva per redigere una documentazione solida, basata sulle specificità del territorio torinese”. Tra i punti indicati nel programma “Europa creativa” delle Commissione europea, la connessione tra i saperi più propriamente umanistici e il reparto tecnico e industriale del tessuto urbano. 

Tra le tante voci intervenute ai lavori odierni, spiccano le esperienze di luoghi rinati come l’Imbarchino del Valentino, “che ha riaperto quando tanti altri locali nel parco stavano chiudendo”, sottolinea Lorenzo Ricca dell’associazione Radio Banda Larga, “rivitalizzando una zona importante della città con una proposta sostenibile dal punto di vista economico”. 

E di innovazione, geograficamente attigua, parla anche Roberto Arnaudo, direttore della Casa del Quartiere di via Morgari, a San Salvario, propulsore da sempre di engagement intergenerazionale e interculturale: “Spesso si leggono dati sul pubblico che frequenta i luoghi tradizionalmente deputati alla cultura, ma sono sempre limitati per età anagrafica e appartenenza a determinate categorie sociale. Serve invece un sistema integrato, che i teatri, o i luoghi non convenzionali per fare spettacolo, siano frequentati da tutti e non da pochi, coinvolgendo attivamente le persone nei processi di sviluppo”.

Eterogeneità e qualità ben si sposano poi nel sempre riuscito Evergreen Fest alla Tesoriera, eretto a esempio illustre di festival estivo completamente open air da Valentina Aicardi dell’associazione Tedacà. Ma senza dimenticare le dinamiche inclusive e sociali, come ricorda Vittorio Bianco del Cecchi Point ad Aurora, che già respira aria internazionale in quanto membro, da alcune settimane, del direttivo dello European Network of Cultural Centres, di cui la Rete delle Case del Quartiere di Torino fa parte. 

E inclusione, si sa, fa rima con periferie. Che possono diventare “laboratori di produzione culturale dal basso”, come li definisce Lorenzo Siviero, a capo del Cpg di Mirafiori Sud. Un ottimo esempio di quel “coinvolgimento a livello microscopico” ricordato dall’assessore alle politiche giovanili Marco Giusta, esprimendo la necessità di “dare un terreno fertile” soprattutto alle iniziative “outisider” e fuori dagli schemi tradizionali.

Un ruolo ben calzato da uno dei più diffusi e capillari progetti di espressione artistica a cielo aperto sviluppati a Torino in vent’anni, MurArte, che ora ambisce, spiega ancora Giusta, “a intessere rapporti con Cuba e Città del Messico su progetti inerenti la street art e ragionare a lungo termine sulla conservazione delle opere murarie, immaginando un intervento da parte della Sovrintendenza alle Belle Arti”. 

Insomma, collaborazione e coprogettazione sono le parole chiave di questo lungo cammino verso la candidatura di Torino, per “riconfigurare il tessuto culturale attraverso nuove modalità di utilizzo degli spazi, a partire dalle domande dei cittadini”, ha confermato l’assessora alla cultura Francesca Leon. Che ha poi piantato una bandierina - su questa grande mappa in progress - sopra la sede del Teatro Nuovo, in corso Massimo d’Azeglio, destinato a diventare il prossimo “hub di sviluppo per le arti performative locali”, attivando anche una collaborazione proficua con la nuova sede delle Bublioteca Civica Centrale a Torino Esposizioni. 

Intanto, le prossime città designate a Capitali europee della Culturaa saranno Timișoara (Romania), Elefsina (Grecia) e Novi Sad (Serbia), nel 2021; Kaunas (Lituania) ed Esch (Lussemburgo) nel 2022; Veszprém (Ungheria) nel 2023; Tartu (Estonia), Bodø (Norvegia, paese EFTA/SEE) e Bad Ischl (Austria) nel 2024.

Manuela Marascio