Eventi - 19 ottobre 2020, 11:06

Al Gobetti, gioco al massacro di coppia in una prigione claustrofobica: va in scena "Amore ricucito"

Lo spettacolo, diretto da Alessandro Federico, sarà replicato dal 20 al 25 ottobre

Andrà in scena dal 20 al 25 ottobre, al Teatro Gobetti, Amore ricucito, per la stagione del Teatro Stabile di Torino: uno spettacolo di Anthony Neilson, disegno luci Davide Rigodanza, per la regia di Alessandro Federico.

Cosa siamo disposti a fare per riparare qualcosa che si è rotto? E’ la domanda rivolta dall'autore ai due protagonisti, Abby e Stu, che vivono, o meglio rivivono, le scene più segnanti della loro relazione, senza possibilità di uscirne o risolvere i problemi esistenti. Abitano in una casa-scatoletta, una prigione in miniatura: e qui, confrontandosi/scontrandosi in questo spazio vitale piccolissimo, scontano il dramma che li attende o che si è già compiuto.

Il montaggio dello spettacolo non segue un tempo lineare, ma accavalla e modifica i ricordi. I due protagonisti - interpretati dallo stesso Federico con Valentina Virando - passano attraverso ruoli lontani e rapporti crudeli, tanto che lo spettatore sarà costretto a chiedersi, e poi a scoprire, il vero motivo di questo continuo gioco al massacro, fino alla rivelazione finale che ribalterà la visione degli accadimenti.

Uno strappo. Un tentativo e un desiderio folle di ricucire, di ricucirsi, di ricominciare. Uno squarcio che porta il pubblico violentemente dentro le dinamiche più autentiche e feroci che si consumano nella vita di coppia.

 

In proscenio una fila di bicchieri e di bottiglie di vino - commenta il regista -. L’alcool è il filtro attraverso il quale Abby e Stu agiscono, e mi piace l’idea che lo spettatore guardi queste due persone come da dietro un vetro, in un modo un po’ distorto, dissonante come la fragile vita dei due protagonisti, una vita che nonostante i loro ridicoli e disperati tentativi non si riesce ad aggiustare. Assistiamo inerti a undici pezzi della loro esistenza che supplicano di essere ricostruiti e messi in ordine, ma c’è sempre qualcosa che non torna, sempre la musica sbagliata, la parola sbagliata che genera violenza e forse, uno strappo difficile da ricucire”.

Manuela Marascio