E poe...sia! - 05 dicembre 2020, 06:37

Se lo fossimo, una volta tanto?

Appello all'unità e alla solidarietà, in occasione della giornata contro la violenza sulle donne

Ho aspettato.

Ho aspettato appositamente, per trattare l’argomento.

Sarebbe stato facilissimo, politically correct, imbastire un discorso coi fiocchi contro la violenza di genere durante la settimana che si è deciso universalmente esserne il simbolo. Incollarci sotto l’immagine di una bella décolleté rossa, molto a effetto e tanti saluti. Hai fatto la tua parte, Johanna, brava.

NO. È quando la vita riprende, è laddove cediamo alla nostra quotidianità, nella maggioranza dei casi per fortuna lontana dal problema, che va fatto uno sforzo per continuare a guardarlo dritto negli occhi. Il problema, intendo. Il maledetto cancro.

Un altro NO per dire che non esiste limite a quanto si possa fare. Che non c’è fine al margine di miglioramento. Ficchiamocelo in testa: a questa partita giochiamo tutti. Possiamo arruolarci come torri, alfieri o cavalli, non importa, ma troviamo un modo per muovere. Per muoverci.

Scacco matto è l’unico obiettivo. Non possono esserci pareggi, quando si tratta di dignità umana. Ecco cos’è in gioco, nella famosa partita.

Crediamo non ci riguardi? Pensiamo davvero di non aver mai incontrato una donna al supermercato, senza saperlo, che forse trova in quei pochi attimi di socialità, tra gli scaffali, l’unico spazio per respirare e sentirsi libera, normale? Siamo proprio sicuri la nostra vicina di casa, la benzinaia, la panettiera, nostra cugina di terzo grado, l’attrice hollywoodiana, nostra figlia persino, così in gamba a nascondere sotto il tappeto, che ha sempre qualche imprevisto, non stiano lottando ogni giorno per trovare la forza di vivere? E se la collega che lamenta spesso un gran mal di testa stesse subendo ogni giorno, per amore dei figli o così crede, pressione psicologica? Avete mai preso in considerazione un fatto che può essere ovvio ma forse neppure troppo, ossia che se facciamo parte di un mondo malato di cui non vogliamo sapere niente, potremmo esserne un ingranaggio marcio quanto lui?

Ma certo che ci avete pensato; come ti permetti, Johanna, d’insinuare il contrario? Che modi sono mai questi?

Dovete scusarmi, il flusso di coscienza oggi è proprio incontrollabile.

Eppure, cari uomini e care donne, adolescenti che andate formandovi (e badate bene di capirle certe cose, se non ve le insegnano - capita, purtroppo!) non posso fare a meno di domandarmi come sia possibile avere ancora bisogno di sentirsi dire: PRENDERE A PUGNI TUA MOGLIE È SBAGLIATO, VIOLENTARE UNA DONNA SOLO PERCHE’ TI È VENUTA VOGLIA NON SI FA, UMILIARE, FERIRE, DISTRUGGERE, RINCHIUDERE, MUTILARE NON È UMANAMENTE CONCEPIBILE, FIGURIAMOCI ACCETTABILE?!

Per quanto a malincuore, lo ripeto volentieri, nessun problema: È SBAGLIATO. È SBAGLIATO. È SBAGLIATO. È SBAGLIATO. È SBAGLIATO. È SBAGLIATO. È SBAGLIATO. È SBAGLIATO. È SBAGLIATO. È SBAGLIATO. È SBAGLIATO. È SBAGLIATO. È SBAGLIATO. È SBAGLIATO. È SBAGLIATO. È SBAGLIATO. È SBAGLIATO. È SBAGLIATO. È SBAGLIATO. È SBAGLIATO. È SBAGLIATO. È SBAGLIATO. È SBAGLIATO. È SBAGLIATO. È SBAGLIATO.

25 volte, in onore del 25 novembre appena passato.

In caso, adesso, vi aspettaste anche la spiegazione del perché sia sbagliato, beh, vi sbagliate. E scusate il gioco di parole.

Di questo sono certa: chiunque abbia bisogno gli si chiarisca PERCHE’ non fare del male agli altri, abbia bisogno di un motivo, del tipo – amore di mamma, non toccare il fornello o ti scotterai – ha un problema. Non gli serve leggere l’articolo di Johanna Poetessa né nessun altro pezzo di carta. Urge l’intervento di uno psichiatra e in fretta. Si chiama sociopatia.

Ovviamente sono da tenere in conto molti fattori. E li chiamo fattori volontariamente, perché il termine “attenuanti” mi dà i brividi. Cosa dobbiamo attenuare? I sensi di colpa del carnefice? Ai danni esistenziali della vittima chi pensa, invece? Perdonate se di tanto in tanto parto per la tangente, correggo subito il tiro.

Parlo di fattori OGGETTIVI relativi alla formazione SOGGETTIVA: culture in cui comportamenti discriminanti sono stati perpetrati per secoli, ormai parte del tessuto “genetico”, educazione alla violenza, maltrattamenti durante l’infanzia, senza parlare dei veri e propri disturbi mentali, che meriterebbero un discorso a parte.

Tutto ciò potrebbe portare (e già porta) a una più spiccata e istintiva propensione alla violenza domestica.

Non come soluzione finale in preda alla disperazione o a un raptus bensì come modus operandi quotidiano, al pari di mangiare e bere. Parliamo di abitudine alla violenza.

Che tra l’altro, cari amici, dalla quarantena ha tratto giovamento, metastatizzando ancor di più una società civile già fortemente a rischio; leggevo proprio oggi che, a fronte di una riduzione generalizzata dei reati, mantengono invariato il loro triste primato quelli informatici e i delitti di maltrattamento ai danni di familiari e conviventi. Guarda un po’.

Tuttavia, a questo serve parlarne e non solo una settimana l’anno. A mettere la pulce nell’orecchio a chi non si comporta male per scelta ma per impronta: l’impronta di un ambiente, di una cultura, di un’educazione. A chi non si è mai preso la briga di mettersi in dubbio, forse non incoraggiato da nessuna voce fuori dal coro ma che ancora è recuperabile.

Gli altri, in galera. Senza se e senza ma.

Promuoviamolo questo cambiamento, offrendo una seconda versione di se stessi a questi uomini che non ne hanno mai conosciuta altra, una versione rinnovata e migliore, dove l’istinto animale possa imparare a scatenarsi soltanto a letto, tra le lenzuola, per dare e prendere piacere consensualmente, non sulla carne e sull’anima.

Non spieghiamo dunque perché È SBAGLIATO, dimostriamolo! Dando il buon esempio, nelle nostre calde case, comunicando nel modo giusto in famiglia e sul lavoro, NON TOLLERANDO nulla che c’intimidisca, neppure una volta, tenendo orecchi e occhi aperti se qualcosa non torna, denunciando, facendo domande senza paura di risultare invadenti (spesso l’affetto lo sembra, all’inizio), educando i figli a non considerare lusinghiero per una donna ricevere apprezzamenti sul suo culo o sulle sue tette da urlo.

Lasciamo che le bestie corrano libere nella savana, a quattro zampe; basta vestirle di omertà, di silenzio, di menefreghismo, incravattati magari, su due piedi.

Meritiamolo, il mondo. Abbelliamolo. Affamiamo la sua brama di dolore.

Un accenno finale ma non meno importante a chiunque altro subisca soprusi. E sì, perché anche gli uomini vengono maltrattati; dalle donne spesso, proprio così. E nel grosso calderone ci finiscono, innocenti, migliaia di bambini, adolescenti bullizzati, omosessuali, transessuali, appartenenti a ceti sociali, nazionalità e credi religiosi differenti.

Difendiamo, prendiamo a cuore un presente che già domani potrebbe essere il nostro. O di qualcuno che amiamo. Non aspettiamo accada davvero.

“Tutti per uno, uno per tutti”, scriveva Alexandre Dumas. Se lo fossimo, una volta tanto!?

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Mai quanto adesso abbiamo bisogno di Lei. Lasciamola fare.

E Poe…sia!

 

GIACIGLI

Nel desiderio

raggiungo

l’estasi del sogno

 

Generano lacrime

sospese

i bisogni appagati

 

Culla dell’odio

nutre

il cuore impuro


e parole inespresse

respira

il cuore mite

 

Appagherò questa rabbia

mantenendo

il silenzio nel giaciglio


-Brigida Liparoti-


Commento dell'autrice

A tutte le donne che ancora s’illudono che con un "perdonami", le cose cambieranno. I giacigli non hanno dignità di talamo nuziale: la violenza umilia la sacralità dell’unione, riducendo il talamo a semplice giaciglio, ossia covile di animale.

Questo verso in particolare:

"mantenendo il silenzio"

GRIDIAMO NOI, dunque, per chi la voce non la trova più.

Pensateci su.

A presto

Johanna Poetessa