Attualità - 16 marzo 2021, 10:30

Lo dice anche l'Università di Torino, con il lockdown l'alleato migliore per sconfiggere ansia e depressione è l'attività fisica

Secondo i ricercatori di Unito, i casi gravi sono diminuiti del 21% con corsa, bici o camminate. Il professor Ricceri: "E' importante trovare il modo per conservare questi spazi di movimento, in sicurezza"

L'attività fisica aiuta a contrastare ansia e depressione da lockdown

L'attività motoria come rimedio contro l'ansia e la depressione, durante il duro periodo del lockdown. Lo dicono i risultati del'indagine "Io Conto 2020" cui ha preso parte insieme ai colleghi di Pisa, Firenze, Genova e Messina anche l'Università degli Studi di Torino
I numeri, in particolare, dicono che se durante il periodo di massima chiusura della prima ondata si fossero mantenuti gli stessi livelli di attività motoria di "prima", si sarebbero potuti evitare fino al 21% dei casi gravi di ansia o depressione. Uno su cinque. Non certo pochi.

In particolare, per quanto riguarda la fetta torinese, sono stati consultati 4000 tra i componenti della popolazione dell'ateneo: insegnanti, addetti amministrativi, ma soprattutto (per circa l'80%) studenti. Che hanno raccontato le loro abitudini, ma anche le loro difficoltà e sofferenze.

La ricerca (che in tutto ha consultato circa 18mila persone) ha mostrato che rispetto a coloro che sono sempre stati inattivi, chi è riuscito a praticare con continuità attività fisica durante il lockdown (corsa, camminata veloce, bicicletta e così via) ha avuto un rischio ridotto del 20% di soffrire di ansia e depressione, mentre chi ha interrotto la pratica dell’esercizio fisico ha avuto un rischio maggiore del 50%.

"Sono numeri molto significativi - spiega il professor Fulvio Ricceri, docente di Igiene e sanità pubblica ed epidemiologia del dipartimento di Scienze Chimiche biologiche - che collocano Torino esattamente in media con il risultato nazionale. Il risultato suggerisce che durante la pandemia bisogna trovare il modo di conservare il momento di pratica dell’attività fisica, ovviamente in condizioni di sicurezza, per contribuire al benessere delle persone".

"Purtroppo - aggiunge il docente UniTo - come università siamo stati tra i primi a fermarci, lo scorso mese di marzo. E volevamo indagare la reazione e gli effetti sui nostri ragazzi. Sarebbe interessante capire anche come è andata per le successive emergenze e chiusure, in condizioni diverse rispetto al primo stop molto rigido".

Massimiliano Sciullo