“L’unica cosa che vorrei è morire qui, come mia nonna e i miei genitori, ma il Comune vuole sfrattarci. Vi chiedo di aiutarmi a salvare il nostro Imbarco”. Così Graziella Perosino, 80 anni, con un videomessaggio girato sulle rive del Po, in una bella giornata di sole, seduta al tavolino di uno dei locali più longevi del Valentino. “Sono nata su questa sponda del fiume Po nel ’40 e sono l’ultima vivente all’interno del parco”, dice, mentre sulla musica scorrono immagini d’epoca color seppia, che raccontano una lunga storia iniziata nel lontano 1936.
È l’ultimo appello lanciato agli habitué dell’Imbarco Perosino, alla clientela più affezionata così come tutti i cittadini che hanno a cuore uno dei simboli di Torino. Una richiesta di aiuto concreto contro il rischio incombente dello sfratto, a dieci anni e oltre dall’inizio de contenzioso col Comune.
“La cifra richiesta è molto alta - spiegano dall’Imbarco, che un paio di giorni fa ha promosso online una raccolta fondi - e l’unico modo per evitare lo sgombero è raggiungere con la Città un accordo, che dal nostro punto di vista è totalmente ingiusto, ma è l’unica possibilità che abbiamo per chiudere tutte le cause in corso”. Di fatto servono urgentemente 138 mila euro, una somma difficile da mettere insieme dopo i lunghi mesi di chiusura causa Covid.
"Con i soldi che riusciremo a raccogliere - dicono ancora - avremo la possibilità di continuare a preservare questo edificio storico, proteggerlo dalle ricorrenti piene del Po, intraprendere nuove iniziative sportive e di svago sul fiume, proseguire l’attività del ristorante e del bar, esattamente come abbiamo sempre fatto da 85 anni. Il resto dei debiti verso il Comune li pagheremo ovviamente noi, con i redditi dell’attività”.
Una corsa contro il tempo, che ha una doppia valenza: oltre a custodire una tradizione tramandata di generazione in generazione, il salvataggio dell’Imbarco scongiurerebbe situazioni di degrado e incuria: “Lo sgombero esporrà gli immobili all’evidente rischio di atti vandalici, o, peggio, a rischio di incendi - denunciano i gestori -, che per un immobile storico totalmente in legno sarebbero irreparabili cui si aggiungerebbero, considerato l’avvicinarsi dei mesi primaverili, i danni catastrofici derivanti dalle inevitabili piene annuali del Po”.
La promessa di Graziella e del marito Gianni è di mettercela tutta per raggiungere la cifra pattuita, coinvolgendo anche altri imprenditori della ristorazione. Se tutti gli sforzi non dovessero bastare, la somma raccolta sarà utilizzata per liberare i locali e cercare una nuova sistemazione.
Nel frattempo, è partita pochi giorni fa una maratona in streaming dalle sponde del Po in segno di solidarietà verso il Perosino. Un palinsesto tra dj set, live, performance e talk che culminerà in un grande evento finale il 1° maggio.