L’European Language Index ha realizzato recentemente un’indagine conoscitiva sul livello di apprendimento di una seconda lingua tra i 27 paesi che compongono l’Unione, evidenziando quelli più virtuosi con l’ambiente più favorevole per studiarne o perfezionarne una. La classifica che ne è scaturita, con l’esclusione del Regno Unito ormai fuori dall’UE per effetto della vociferata Brexit, include tutti i paesi da nord a sud, Italia compresa, e i risultati mostrano uno scenario omogeneo per certi aspetti.
L’omogeneità che si evince dallo studio dettagliato, pubblicato il 31 marzo 2021 a Barcellona, riguarda la dominanza dei paesi del nord per quanto riguarda le condizioni più favorevoli per apprendere una nuova lingua. In altre parole, il sistema pubblico-privato delle nazioni settentrionali incentiva meglio la conoscenza di un altro idioma, anche a partire dalla più piccola età e dalla scuola primaria. Ecco più in dettaglio cosa mostra la classifica elaborata dall’European Language Index.
Al primo posto tra i paesi dell’Unione spicca lo stato del Lussemburgo. Per antonomasia si tratta di uno dei centri finanziari con forte mobilità lavorativa più dinamici d’Europa caratterizzato molto probabilmente anche da una bassa identità culturale e sociale. Basti pensare al fatto che le lingue ufficiali parlate sono ben tre: lussemburghese, francese e tedesco. Forse proprio questo aspetto rende particolarmente favorevole apprendimento e nuova conoscenza da parte dei suoi abitanti.
Sul podio figurano anche la Svezia e la Danimarca, rispettivamente in seconda e terza posizione. Tra i primi dieci in graduatoria c’è posto per due paesi del sud Europa, vale a dire Cipro, quinta in classifica, e Malta, settima. Anche Malta, paradiso fiscale, è l’esempio di come la mobilità lavorativa di paesi analoghi siano alla base di nuove e più dinamiche forme di apprendimento linguistico.
L’Italia non brilla e deve accontentarsi del penultimo posto: 26° su 27, seguita dal fanalino di coda Bulgaria e preceduta dalla Polonia. Il sud-est dell’Unione arranca mentre il nord resta la direttrice più virtuosa. Il caso dell’Italia, che nonostante tutto vanta ben 47 idiomi parlati da nord a sud e numerose minoranze linguistiche su tutto il territorio nazionale, mostra luci e ombre. Ad esempio, il 95,3% dei bambini inizia l’apprendimento di una lingua straniera alle scuole primarie: percentuale molto alta se si considera che in Lussemburgo è pari a 100. Dall’altro lato però, il sottotitolaggio dei programmi TV e cinema, ad esempio, è poco utilizzato e, caso singolare, il sito web del Governo Italiano è consultabile solo in italiano.
Com’è stata realizzata la classifica dell’European Language Index? Ecco i 18 fattori utilizzati, inclusi in sette categorie e classificati con un punteggio da zero a 100. Diversità linguistica, voiceover e sottotitoli dei programmi TV e film, accesso allo studio digitale delle lingue, competenze nella lingua straniera più conosciuta, apprendimento in scuola primaria, plurilinguismo e lingue parlate ufficiale nella nazione di riferimento. L’Italia, attualmente penultima, può davvero, solo migliorare.